Spagna: La destra stravince, il PSOE crolla e Iglesias si dimette – Lezioni dalle elezioni di Madrid

La sinistra ha subito una dura sconfitta a Madrid. Se c’è una persona che in questi anni è stata identificata dalla reazione come nemico pubblico numero uno del regime, quella è stata Pablo Iglesias, che come conseguenza della sconfitta ha abbandonato tutte le sue posizioni politiche. La destra festeggerà alla grande e aumenterà la sua arroganza. I militanti della sinistra devono imparare le lezioni che ne derivano. Come diceva il filosofo Spinoza, non serve né ridere né piangere, ma capire.


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Il totale dei voti per la destra è del 57,4% (2.080.000) e per la sinistra il 41% (1.486.000). Il blocco di destra ha ottenuto 400.000 voti in più rispetto alle elezioni regionali del maggio 2019 e oltre 200.000 in più rispetto alle elezioni legislative di novembre 2019. Nel frattempo, Ciudadanos (partito moderato di centro) è scomparso dal panorama politico. In quelle due competizioni elettorali il blocco della sinistra ha perso rispettivamente 60.000 e 140.000 voti, nonostante nelle ultime elezioni ci sia stata una maggiore affluenza alle urne (3.650.000) rispetto alle due precedenti (rispettivamente 3.251.000 e 3.558.000).

Sebbene Más Madrid (parte di Más País, una scissione di destra da Podemos) (16,97%) e Unidas Podemos (7,21%) abbiano leggermente migliorato i loro risultati sia in termini di voti che in percentuale (passando dal 20,29% nel 2019 al 24,18% ora), non è stato sufficiente a colmare il disastro nelle urne delPsoe, che è crollato dal 27,31% al 16,85%.

A differenza delle elezioni regionali dello scorso anno in Catalogna, Paesi Baschi e Galizia, dove la pandemia da covid-19 ha prodotto un’astensione (che comunque non ha sostanzialmente modificato il risultato elettorale previsto), alle elezioni madrilene abbiamo assistito a un’affluenza elevata, del 75%. Il fattore scatenante è stato senza dubbio la decisione di Pablo Iglesias di partecipare alle elezioni, che ha aumentato la polarizzazione tra sinistra e destra e ha aiutato la destra e l’estrema destra a lanciare l’allarme e mobilitare fino all’ultimo elettore della loro base sociale, in mezzo a una campagna elettorale sporca, fatta di bugie, calunnie e minacce con, alle spalle, il pieno sostegno del regime.

Ciò ha significato che il dibattito sulla gestione disastrosa della pandemia da parte dell’Ayuso (la presidente regionale in carica) è stato quasi completamente sepolto. Se Iglesias non avesse partecipato, il risultato finale non sarebbe stato comunque molto diverso, anche se ci sarebbe stata una riduzione di 15 o 20 punti nell’affluenza alle urne. La debolezza delle candidature del Psoe (come si è visto in queste elezioni) e di Unidas Podemos (che ha rischiato di non ottenere nemmeno un seggio nel parlamento regionale) lo avevano preannunciato.

La sinistra ha vinto nelle zone operaie con maggiori tradizioni di lotta, anche se con percentuali inferiori rispetto alle elezioni precedenti o, in alcuni casi, con un margie molto risicato. È il caso dei quartieri di Lavapiés, Puente de Vallecas, Usera, Villa de Vallecas, Vicálvaro e Villaverde, nella città di Madrid e nei sobborghi di Coslada, Fuenlabrada, Getafe, Leganés, Parla, Rivas-Vaciamadrid e San Fernando de Henares fuori dai confini della città.

Ci sono indubbiamente elementi strutturali che in parte spiegano la forza della destra a Madrid da quasi 30 anni.

Madrid è il centro del potere amministrativo, economico, militare e giudiziario del paese, con le sue schiere di funzionari di alto grado e le loro famiglie, gli altri dipendenti, ecc. È una delle aree a più alto reddito del paese, che attira un’ampia classe media , in un contesto di lavoratori relativamente ben pagati del settore dei servizi con la loro mentalità piccolo-borghese, così come un grosso strato di nuovi ricchi creato nel fervore della speculazione immobiliare all’inizio di questo secolo. Inoltre, il vuoto lasciato nei settori più bassi della classe operaia è stato occupato da un milione di immigrati (il 15,52% della popolazione nella sola città di Madrid), la stragrande maggioranza dei quali senza diritti politici, che costituisce il 20% del forza lavoro. Questa sorta di “apartheid” politico e sociale, che lascia una parte sostanziale della classe operaia senza diritti politici, facilita una maggioranza di destra, come avviene in altre zone del paese come le aree agricole dell’Andalusia e di Murcia.

In tutto questo periodo, la sinistra ha vinto, con margini ristretti, solo alle elezioni regionali del maggio 2003, e inaspettatamente, alle elezioni legislative del 2004, dopo gli attacchi di Al Qaeda a Madrid. Lo ha fatto anche nel 2015, quando il misero 4,16% ottenuto a quel tempo non permise a Izquierda unida di entrare in parlamento è impedì la formazione di una maggioranza di sinistra.

Vale a dire che solo nei momenti di grandi sconvolgimenti sociali e politici, come nel 2004 e nel 2015, dove la destra era fortemente screditata, la sinistra ha potuto vincere o arrivare decisamente vicina alla vittoria, trascinando verso di sé una settore degli strati intermedi.

Ma questi fattori da soli non spiegano tutto.

Perché ha vinto la destra?

Com’è possibile che una persona inconsistente, insensibile e intellettualmente limitata come l’Ayuso, possa aver ottenuto un risultato simile?

Ci sono diversi motivi. Come accennato, il dibattito intorno alla sua disastrosa amministrazione è rimasto in secondo piano rispetto ad argomenti a causa delle provocazioni del partito di estrema destra Vox a Vallecas, nel dibattito radiofonico su Cadena Ser e le successive minacce di morte contro Pablo Iglesias e altri ministri e funzionari socialisti.

La destra ha fatto ricorso a ogni sorta di trucchi e diffamazioni nella campagna elettorale, risvegliando lo spettro della violenza come mezzo migliore per mobilitare la propria base sociale e mettendo in dubbio la veridicità delle minacce di morte.

Il candidato del Psoe, Gabilondo, si è collocato in una comoda equidistanza. Ha convenuto con il diritto di denunciare “tutti” i casi di violenza. Così, quando Vox ha provocatoriamente tentato di fare campagna elettorale a Vallecas con i residenti che si sono opposti e che per questo sono stati picchiati selvaggiamente dalla polizia, il candidato del Psoe non ha fatto nulla per contrastare la raffigurazione che i media hanno fatto dei residenti come “criminali” e di Vox e della destra come le “vittime”.

La risposta di Iglesias, che ha insistito sulla dicotomia “Democrazia contro Fascismo”, non ha avuto l’impatto atteso. Parole vuote come “democrazia” e “fascismo” non significano nulla in sé stesse per la gente comune, devono essere riempite con contenuti di classe. In primo luogo, non è corretto parlare del pericolo del “fascismo”, esagerando la forza di Vox e dicendo che potrebbe organizzare un movimento di massa per schiacciare il movimento operaio, in quanto le forze sociali per fare questo attualmente non esistono.

In generale, la gente è scettica riguardo alla “democrazia” e alle sue leggi. Non è forse sotto la “democrazia” che le aziende stanno chiudendo, che c’è disoccupazione, che gli affitti e le bollette dell’elettricità continuano a crescere e che l’attuale pandemia di covid-19 viene gestita in modo criminale? Invece di fare appello alla fiducia nella Costituzione e alla legge, come fa Iglesias, le loro bugie e la loro ipocrisia dovrebbero essere denunciate e dovrebbe essere spiegato che per risolvere le grandi questioni sociali è necessario mettere le risorse nelle mani del popolo, sotto una gestione democratica.

A proposito, un anno e mezzo fa la classe operaia non ha forse eletto “democraticamente” il governo di coalizione di sinistra Psoe-Up, per abrogare la riforma del lavoro e la ley mordaza (legge bavaglio, che limita il diritto di protesta e manifestazione, ndt) per ridurre gli affitti, impedire gli aumenti ingiusti dei prezzi dell’elettricità, per aumentare le tasse ai ricchi, impedire alle aziende che fanno profitti di licenziare i lavoratori e costringere la Chiesa a pagare le tasse?

Niente di tutto questo è stato fatto. Alla fine, è stata solamente confermato quanto diceva Iglesias quando era all’opposizione: indipendentemente dal governo al potere, le decisioni fondamentali sono prese negli uffici dei poteri economici. Lui e Unidas Podemos hanno dovuto “ingoiare” questa cosa come prezzo per la loro partecipazione al governo. Allora perché le famiglie dei lavoratori dovrebbero fidarsi di questa “democrazia”? C’è da meravigliarsi che il cretinismo parlamentare di Iglesias abbia suscitato in decine di migliaia di famiglie operaie solamente un’alzata di spalle?

Questo è il caso anche con il governo. Iglesias e il ministro del Lavoro, Yolanda Díaz, considerano l’Erte (il sostegno statale alla cassa integrazione, ndt) l’ottava meraviglia al mondo. In realtà, significa una riduzione del 30% dei salari dei lavoratori interessati. A peggiorare le cose, tra le proposte che il governo ha fatto all’Unione Europea per far quadrare il deficit pubblico dovuto all’enorme debito accumulato, in cambio della promessa di ricevere 140 miliardi di euro, ci sarà: un possibile aumento dell’età pensionabile, la riscossione dei pedaggi autostradali e, come è trapelato alla vigilia delle elezioni nella giornata di silenzio elettorale, l’eliminazione delle detrazioni fiscali sul reddito nelle dichiarazioni congiunte di coniugi e conviventi. La destra non poteva sperare in un regalino migliore alla vigilia delle elezioni per agitarsi demagogicamente contro il governo “social-comunista”.

Mentre né il Psoe né Up hanno offerto un’alternativa alla drammatica situazione sociale che si è sviluppata, l’Ayuso ha avuto vita facile con i suoi discorsi demagogici a favore “dell’economia che è rimasta aperta”. Per decine di migliaia di lavoratori politicamente passivi, precari e del settore dei servizi, per non parlare delle migliaia di piccoli bar, negozi e imprenditori, quella era almeno una proposta concreta che dava loro una qualche certezza. La piccola borghesia, i piccoli proprietari e i lavoratori disperati, in tempi di crisi e incertezza come quello attuale, sono pronti a credere nei poteri miracolosi di personaggi come l’Ayuso. Rimarranno sicuramente delusi.

Vediamo come la gestione della crisi del capitalismo, fatta di mezze misure, di non intaccare gli interessi dei ricchi, di non soddisfare le aspettative dell’elettorato, di non riuscire a risolvere i problemi sociali e di far pagare la crisi alle famiglie operaie, apra sempre la strada al ritorno dei governi di destra.

In tutto questo, che fine ha fatto Alberto Garzón, massimo dirigente di Iu [Izquierda Unida]? Ha parlato a malapena in una sola manifestazione. Non ha nemmeno un ruolo attivo all’interno del governo. Nemmeno lui può sfuggire alla responsabilità di questo risultato elettorale.

E cosa possiamo dire del Psoe? Per cominciare, hanno presentato un candidato ottuso come Gabilondo, imposto dall’apparato, incapace di trasmettere alcuna emozione, che per sei anni si è astenuto dal fare una qualsiasi opposizione alla destra, prima verso Cristina Cifuentes e poi con l’Ayuso. Era chiaramente una scommessa perdente.

Nei suoi calcoli elettorali opportunistici, la dirigenza socialista aveva scelto di strizzare l’occhio alla base sociale della destra, dichiarando che non avrebbero formato un blocco con Pablo Iglesias e che non avrebbero alzato le tasse ai ricchi. Ciò ha lasciato la base della sinistra perplessa e disorientata non appena è iniziata la campagna elettorale. Per una brutta copia della destra, c’era già l’originale dell’Ayuso. Il tentativo disperato di Gabilondo di spostarsi a sinistra, sommandosi alla denuncia del “fascismo”, è arrivato tardi e male.

In realtà, la leadership socialista non ha mai creduto nella vittoria. È stato scandaloso che Sánchez, per non venire identificato con la sconfitta di Gabilondo, lo abbia di fatto abbandonato e abbia partecipato solo sporadicamente alla campagna elettorale, quando il suo dovere sarebbe stato, come figura di spicco del partito, quello di cercare di mobilitare la base sociale. Il suo comportamento non lo salverà dalla perdita di credito.

La candidata di Más Madrid, Mónica García, è quella che a sinistra ha sofferto di meno. È vero che rappresentava una forza già nota e consolidata, sebbene fosse ancora vista come nuova. È migliorata nei voti e in percentuale rispetto alle elezioni regionali del 2019 ed è riuscita a superare il Psoe, che a Madrid ha ottenuto il peggior risultato della sua storia. Apparire come una figura nuova, fresca, slegata dal passato le ha sicuramente giovato, così come l’aver avuto un ruolo molto più in vistarispetto a Gabilondo nell’opposizione all’Ayuso nei mesi precedenti alle elezioni.

Essendo un medico di professione, poteva apparire come qualcuno vicino alla gente della strada. Ma non lasciamoci ingannare, Más Madrid, come Más País, con il suo leader, Íñigo Errejón, è alla destra di Unidas Podemos. Non si occupa delle questioni “spinose” (la monarchia, la Catalogna, il debito, le banche), e i media hanno preferito aumentarne il profilo e trattarli con simpatia rispetto a Unidas Podemos e Pablo Iglesias, che consideravano come un nemico molto più pericoloso. Más Madrid ha anche beneficiato di essere all’opposizione sia a Madrid che a livello del governo centrale.

Unidas Podemos: da un fallimento all’altro

Quello che è successo in Catalogna, Galizia e Paesi Baschi si è ripetuto a Madrid. Cinque anni fa, Unidas Podemos ha avuto il suo più grande successo in queste regioni. In Catalogna e nei Paesi Baschi, era la forza politica più votata. In Galizia e Madrid, è stata la forza più votata a sinistra, superando il Psoe. Ora è relegata al quarto o quinto posto in tutte queste comunità, con circa il 7% –10% dei voti, oppure è scomparsa del tutto come nel caso della Galizia. Senza eccezione, è stato superato da forze di sinistra che appaiono più radicali (Bildu nel Paese Basco, il Bng in Galizia) o almeno più fresche e nuove (Más Madrid).

non è casuale. Dopo essersi presentato come chi metteva in discussione il regime del ’78 e aver denunciato l’apparato del Psoe come parte di quel regime, proponendo di scalzarlo, Up è passato a lusingare il Psoe e a considerarsi una forza subordinata ad esso, strisciando ai suoi piedi, implorandolo per un posto nel suo governo,abbandonando il proprio programma e qualsiasi azione di protesta nelle piazze.

Per Iglesias questo è stato l’apice della tattica e della saggezza politica. Alla fine, è diventata la sua tomba politica. Unidas Podemos ora è visto come parte del regime – come la sua ala sinistra, ma comunque come parte di esso, con il richiamo nauseante e triste alla Costituzione, alla legge e all’ordine. Per una brutta copia del riformismo socialdemocratico, c’è già il Psoe. Come parte del governo, ha chiesto l’abrogazione della riforma del lavoro, la riduzione degli affitti e un abbassamento delle tariffe elettriche. Ma ha rifiutato di mobilitarsi in modo indipendente nelle piazze per non puntare il dito “ingiustamente” il suo partner di maggioranza nel governo. In questo modo, la sua impotenza dentro al governo è raddoppiata. Non può cambiare la politica imposta dal Psoe e non può neanche mobilitarsi contro. Lo scetticismo generato dalla sua politica si è tradotto in una crescente perdita di sostegno elettorale.

Il fallimento del cretinismo parlamentare

Ciò che è fallito a Madrid è una politica di cretinismo parlamentare, con Unidas Podemos che arranca obbedientemente dietro l’apparato del Psoe, che a sua volta segue obbediente il grande capitale. Come abbiamo spiegato in precedenza, lo scorso autunno si è persa una grande opportunità, quando i quartieri popolari meridionali di Madrid si sono ribellati alla politica caotica e classista di confinamento di quartiere dell’Ayuso, che all’epoca era completamente screditata. Ma i leader del Psoe-Up e dei sindacati, Ccoo e Ugt, si sono rifiutati di indire uno sciopero generale nella regione di Madrid. Quello era il momento in cui il movimento operaio stava prendendo l’iniziativa con una grande dimostrazione di forza, indicando una via d’uscita, che avrebbe avuto il potenziale per separare una parte considerevole della classe media dalla destra. Ciò avrebbe accelerato la richiesta di elezioni anticipate con maggiori possibilità di una vittoria della sinistra.

Il potente movimento a livello dei quartieri popolari visto in autunno a Madrid, dove Iu e Psoe hanno un’influenza, non si è ripetuto.

Un’altra occasione è stata persa la settimana prima delle elezioni, quando Iglesias, ministri e funzionari socialisti hanno ricevuto lettere minacciose che senza dubbio hanno avuto un impatto sull’opinione pubblica. Il Psoe e Up avrebbero dovuto convocare subito una manifestazione di massa a Madrid per respingere le minacce, scrollandosi di dosso i pregiudizi e la paura del fatto che fossero nel bel mezzo della campagna elettorale. La destra non si ferma di fronte a queste sciocchezze. Infatti attrae la piccola borghesia perché non vacilla, non fa congetture, offre sempre una direzione ferma e chiara. Proprio quello che è sempre mancato alla sinistra riformista.

Una tale manifestazione sarebbe stata senza dubbio un successo, creando un clima di simpatia per la sinistra, mettendo in luce le manovre della destra. Purtroppo l’occasione è andata persa e alla destra e all’apparato statale è stato permesso di manovrare per minimizzare la cosa, compresa la comparsa sospetta di una lettera, mai sufficientemente chiarita, che minacciava l’Ayuso e che probabilmente è stata fabbricata dalla polizia per renderla una vittima e contrastare la simpatia spontanea suscitata in una parte della popolazione nei confronti di Iglesias e Grande-Marlaska (il Ministro dell’Interno del Psoe).

In tutto questo, non è facile valutare l’impatto che ha avuto il fatto che le elezioni si siano tenute in un giorno lavorativo, anche se sembra che non sia stato un fattore decisivo.

Le dimissioni di Pablo Iglesias

Sebbene la decisione di Pablo Iglesias di lasciare il governo e candidarsi con Unidas Podemos sia stata la chiave del dinamismo e della teatralità della campagna elettorale, alla fine non ha avuto l’effetto desiderato. La destra l’ha usata per portare all’estremo l’isteria della sua base sociale e nella campagna elettorale sporca che ha condotto, ha introdotto una prospettiva di caos nel caso la sinistra avesse vinto. Ciò che è chiaro è che Iglesias ha sopravvalutato l’influenza che ha in questo momento sulla classe operaia di Madrid e su una parte della classe media. Fatalmente, ha perso l’attrazione irresistibile che aveva anni fa. Ha pagato un prezzo per i suoi continui zig zag, a destra e a sinistra. I colpi di teatro non possono sostituire una politica e un programma chiari. A Iglesias è mancata la fiducia nella classe operaia, mentre la sua predilezione per la tattiva e le manovre politiche che ha usato così spesso, ha colto di sorpresa la sua base sociale.

Come abbiamo già anticipato, la partecipazione di Up al governo centrale è stata fatale. All’opposizione, senza legami politici, avrebbe potuto dimostrarsi utile, indicando una direzione, denunciando coraggiosamente i pro e i contro del sistema. Le aspettative che Iglesias suscitava per un cambiamento radicale delle condizioni di vita e della società si sono esaurite. Questa è stata la ragione del suo straordinario impatto sulle famiglie operaie sette anni fa. Il suo destino era quindi segnato.

È vero che Iglesias ha subito persecuzioni e molestie criminali e spietate. Il regime era determinato a logorare e distruggere fisicamente e psicologicamente l’uomo che forse è stato il leader più capace e comunicativo della sinistra a partire dal periodo della transizione dalla dittatura franchista alla democrazia borghese nel 1978. Ma di fronte al grande capitale e a un apparato statale franchista spietato, né l’eloquenza né grandi capacità comunicative possono sostituire gli unici strumenti in grado di sconfiggerli: le idee e il programma del socialismo internazionale e la fiducia nella classe operaia.

In realtà, la politica di Iglesias è lontana anni luce da ciò che dovrebbe essere una vera politica marxista. Invece di fare affidamento sulla classe operaia, invece di instillare in essa l’idea che l’emancipazione sia il compito della classe stessa, invece di incoraggiarla a costruire i propri organismi di potere, invece di spalancare le porte di Podemos a veri combattenti di classe e attivisti delle organizzazioni sociali, si è occupato – inizialmente insieme a Íñigo Errejón – nell’emarginare tutti gli elementi indipendenti e di sinistra del movimento che sfuggivano al suo controllo. La democrazia interna è stata ridotta. Ha rimosso i rivali e ogni leader regionale o locale (non importa quanto piccolo o grande) è stato selezionato personalmente in base alla sua fedeltà. I candidati selezionati da lui, come Carmena ed Errejón, hanno finito per tradire il movimento. Ora, ancora una volta, senza un congresso, senza dibattito interno, senza programmi, senza che la base non possa dire niente, ha nominato il suo “successore” nello “stile più padronale” immaginabile, il ministro del lavoro, Yolanda Díaz, che politicamente sta alla sua destra.

Il modo in cui Pablo Iglesias ha deciso di andarsene non poteva essere peggiore e può avere solo un effetto demoralizzante su migliaia di lavoratori e attivisti di sinistra. Invece di compiere una valutazione critica delle sue azioni, l’ha affrontata in termini personali: “Non voglio polarizzare le cose”, “Non voglio essere un capro espiatorio per la destra”, “Non voglio che la mia presenza serva per rafforzare la reazione”, e così via. Cosa si dovrebbe fare di tutto ciò che ha detto Iglesias? Il problema è che è stato troppo di sinistra, che si è spinto troppo oltre nella sua opposizione al regime? La conclusione che molti dei suoi sostenitori possono trarre dalle sue dichiarazioni è chiara: dobbiamo essere più moderati. Non insistere su questioni delicate. Non disturbare la corona. Bisogna integrarsi nel regime più apertamente.

Iglesias sta lasciando. A suo merito, è stato l’uomo che ha mobilitato milioni di uomini e donne della classe operaia, quello che ha seminato il panico nella borghesia di questo paese e che fino all’ultimo giorno ha causato incubi per aver messo all’indice la dittatura esercitata dai banchieri e grandi uomini d’affari, la corruzione della monarchia, ed è colui che ha alzato la bandiera della Repubblica. Non si sa se l’uscita di Iglesias dalla ribalta dell’attività politica sarà definitiva o solo temporanea. Ma il compito principale resta la costruzione di una tendenza marxista di massa, strutturata democraticamente – non una tendenza basata su un singolo individuo, ma sul programma rivoluzionario del marxismo e sulla mobilitazione attiva della classe operaia e degli altri settori oppressi.

Prospettive

A breve termine, la destra si ubriacherà di arroganza e prepotenza. Le cospirazioni dell’apparato statale e l’insolenza dei padroni aumenteranno, al fine di erodere il consenso del governo e di farlo cadere.

Sánchez e quelli intorno a lui probabilmente concluderanno che si sono spinti troppo a sinistra, quando in realtà è vero il contrario. Approfondiranno la loro politica di collaborazione di classe e svolteranno a destra. È difficile immaginare che gli attuali ministri di Unidas Podemos presentino lo stesso livello di resistenza che Iglesias ha presentato di fronte alla mancanza del ripetto dell’accordo del governo di coalizione da parte del Psoe.

Come è accaduto con Gaspar Llamazares quando ha sostituito il “sinistro” Anguita (alla guida di Izquierda unida nel 2000, ndt), temiamo che la sostituzione dell’Iglesias di “sinistra” con Yolanda Díaz a capo di Up implicherà uno spostamento a destra e verso la moderazione di questa organizzazione. Ciò servirà solo a prosciugare ulteriormente il suo sostegno sociale ed elettorale.

Siamo in un momento di transizione. In mancanza di un chiaro punto di riferimento politico, i settori più attivi della classe, che diffidano e odiano la destra, avranno solo la possibilità di alzare di nuovo la bandiera della lotta.

Le elezioni sono solo un meccanismo che, di volta in volta, misura lo stato d’animo e la maturità politica delle classi e dei settori oppressi in un dato momento, in specifiche condizioni di tempo e luogo. Ma la lotta di classe è dinamica. Gli eventi si susseguono di giorno in giorno. Le situazioni impreviste hanno un forte impatto sulla coscienza e determinano rapidi cambiamenti nelle prospettive di tutte le classi. Partiti e dirigenti nascono e scompaiono mentre vengono messi alla prova. La rabbia e la frustrazione continua ad accumularsi, mentre le provocazioni e le pagliacciate reazionarie dell’estrema destra, che ancora non riescono a prendere piede nei quartieri operai, possono scatenare una rabbiosa reazione da parte della classe operaia.

Quello che abbiamo visto a Madrid è un’alleanza temporanea e instabile tra la piccola borghesia (piccoli proprietari, professionisti, ecc.) e uno strato benestante di lavoratori e settori arretrati della classe operaia, che cercano di farsi strada nel turbine di questo crisi colossale in cui viviamo, desiderosi di credere nei miracoli sociali. Il loro risveglio sarà brusco. Questo prima o poi creerà una svolta a sinistra in tutti questi settori.

Ancora più importante, migliaia di giovani e lavoratori hanno potuto vedere i limiti delle politiche riformiste nella soluzione dei problemi sociali. Diventerà sempre più chiaro l’interesse crescente per un’alternativa complessiva e rivoluzionaria al sistema. La necessità di una corrente marxista rivoluzionaria radicata nella classe operaia e nei giovani è più pressante che mai. Non c’è tempo da perdere.

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