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L’escalation delle intimidazioni imperialiste statunitensi contro il Venezuela, iniziata ad agosto, ha raggiunto il culmine e ora coinvolge anche la Colombia. Oltre al rafforzamento della presenza militare nei Caraibi, all’affondamento di motoscafi e ai voli provocatori di bombardieri al largo delle coste venezuelane, assistiamo ora allo schieramento della portaerei USS Gerald R. Ford nei Caraibi.

Quella che era iniziata come una protesta della gioventù contro una contro-riforma delle pensioni si è rapidamente trasformata in una crisi politica di enormi proporzioni. In un contesto di criminalità dilagante, corruzione persistente e disordini sociali, il movimento di massa ha costretto alle dimissioni la presidente golpista Dina Boluarte. Ma il tentativo di sostituirla dall’alto, con la nomina di José Jerí, non ha fermato le proteste. Il 15 ottobre è stato un giorno critico: un manifestante di nome Eduardo Ruiz è stato ucciso dalla polizia e centinaia di persone sono rimaste ferite.

Gli eventi si sono sviluppati alla velocità della luce durante il fine settimana in Madagascar. Il movimento di massa dei giovani, iniziato il 25 settembre, ha rovesciato il vecchio regime. Una parte dell’esercito si è rifiutata di continuare la repressione contro le masse e si è ammutinata. Il presidente ha dovuto fuggire su un aereo dell’esercito francese domenica 12 ottobre.

A Gaza e in Israele sono partiti i festeggiamenti, dopo l’annuncio da parte di Trump sul social Truth per il raggiungimento di un accordo di pace tra i negoziatori israeliani e quelli di Hamas in Egitto. I festeggiamenti sono comprensibili, soprattutto per i gazawi che fino a questo momento hanno affrontato un futuro di morte certa per bombardamento o fame. Tuttavia, dobbiamo dire la verità, per quanto spiacevole possa essere.

Il 26 e il 27 settembre, si sono riuniti a Genova i delegati di alcuni importanti sindacati dei lavoratori portuali d’Europa e del Mediterraneo per discutere un’azione congiunta per fermare il genocidio a Gaza. L’incontro si è svolto in un momento in cui, in tutta Europa, i lavoratori e i giovani sono in un clima di lotta aperta contro il barbaro massacro del popolo palestinese e accusano le proprie classi dominanti di essere complici nel genocidio.

Il giorno prima, un paese sembra calmo e la cricca dominante saldamente insediata al potere. Il giorno dopo, le masse rivoluzionarie sono davanti al rogo del palazzo del parlamento. La polizia è scomparsa, i parlamentari sono fuggiti e con loro il primo ministro. Le fotografie e i video che ci sono recentemente arrivati dal Nepal sono sbalorditivi. Sono anche sorprendentemente simili alle scene che abbiamo già visto in Sri Lanka, ...

Le manifestazioni e lo sciopero del 22 settembre segnano un punto di svolta decisivo. Tutta la rabbia e il disgusto accumulati di fronte alle azioni sempre più feroci dello Stato di Israele, tutto lo sdegno verso la complicità e l’ipocrisia rivoltante del governo italiano e dei governi occidentali, si sono infine riversati nelle manifestazioni che hanno dilagato in tutto il paese.

La gigantesca manifestazione di destra “Unite the Kingdom” di sabato 13 settembre nel Regno Unito segna un punto di svolta. La sinistra ha subito una sconfitta umiliante. Ne sono colpevoli i dirigenti della sinistra riformista e del presunto partito “marxista” Socialist Workers Party.

Sta prendendo corpo un ampio movimento contro il massacro di Gaza e a difesa del popolo palestinese. È una scossa nello stagnante quadro politico italiano che salutiamo con entusiasmo e in cui investiamo e investiremo le nostre forze. Questo movimento si estenderà perché esprime un sentimento di massa profondo, una viscerale esasperazione per gli orrori a cui assistiamo in diretta dalla Palestina, che non trovava un canale per esprimersi e finalmente è esploso.

Mentre pubblichiamo quest’articolo della sezione francese dell’ICR, il movimento iniziato il 10 settembre continua, con assemblee generali nelle università in tutto il paese, assemblee e iniziative sindacali sui luoghi di lavoro in preparazione della prossima giornata d’azione indetta per il 18 settembre.

In Nepal, i manifestanti hanno dato fuoco al parlamento federale, alla Corte Suprema, alle sedi dei partiti politici e alle case dei politici di lungo corso. Il primo ministro si è dimesso, insieme con tutta una serie di ministri. L’esercito sta evacuando i politici dalle loro case. Dopo aver sopportato per anni una povertà opprimente, la gioventù nepalese ne ha avuto abbastanza. Ed è entrata nell’arena della storia.

Questa settimana [articolo del 21 agosto, Ndt], Israele è stato attraversato da una “giornata nazionale di scxiopero” dopo che Netanyahu ha annunciato la conquista e l’occupazione di Gaza, firmando a tutti gli effetti le condanne a morte dei rimanenti ostaggi.

Lunedì, apparentemente dal nulla, migliaia e migliaia di giovani sono scesi in piazza in Indonesia. Si sono radunati di fronte al palazzo del parlamento, hanno affrontato coraggiosamente centinaia di agenti di polizia armati di cannoni ad acqua e hanno gridato “Abbasso il parlamento!”. Gli scontri nelle strade tra i manifestanti e la polizia sono continuati fino a mezzanotte. Al mattino, 400 persone erano state arrestate, tra cui circa 200 studenti medi.

Per la prima volta in 20 anni, il Movimento per il Socialismo (MAS) in Bolivia ha perso le elezioni presidenziali – e non è stata una sconfitta qualsiasi. Dopo aver ottenuto quasi il 55% dei voti nel 2020, il MAS ha raggiunto a malapena il 3%.