Venezuela - Bilancio del congresso del Psuv Italian Share Tweet Italian translation of Balance sheet of the PSUV congress: the Bolivarian masses are pushing for revolutionary action (March 10, 2008) Il Psuv (Partito socialista unito del Venezuela) ha appena concluso il suo periodo congressuale di due mesi. Come abbiamo riferito in precedenza, si tratta di un evento di importanza storica. Circa 1800 delegati, in rappresentanza di un totale di 5,6 milioni di persone che si erano registrate per aderire al nuovo partito, si sono riuniti nei fine settimana a partire da gennaio per discutere le questioni cruciali che la rivoluzione venezuelana deve affrontare; quale tipo di programma, metodi, ideologia e organizzazione sono necessari per completare la rivoluzione e dirigersi verso il socialismo. Alla conclusione del congresso, sabato 2 marzo, i delegati sono tornati nelle proprie regioni per proseguire il lavoro e mettere in pratica le decisioni del congresso. Il sabato successivo, 9 marzo, è stata eletta la direzione nazionale del Psuv. Qui vogliamo trarre un primo bilancio degli avvenimenti e delineare le necessarie conclusioni. Dobbiamo analizzare attentamente le decisioni, i dibattiti e lo stato d’animo del congresso e comprendere come tutto questo sia parte del processo rivoluzionario in corso in Venezuela. Un congresso in un contesto rivoluzionario Parte essenziale della nostra analisi è il fatto di prendere come punto di partenza la situazione rivoluzionaria esistente in Venezuela. Se non comprendiamo la rivoluzione venezuelana e la fase che questa sta attraversando saremo del tutto incapaci di comprendere le contraddizioni emerse durante il congresso e il significato delle diverse polemiche e dei dibattiti che vi si sono sviluppati. Il congresso del Psuv non si è svolto in una situazione “normale”. Nella maggior parte dei paesi europei i congressi dei partiti socialisti o comunisti tradizionali sono cortine fumogene , un teatro il cui scopo è “calmare” la base e dove la gran parte dei risultati sono stati decisi in precedenza dalla cricca burocratica dei parlamentari, dei funzionari, ecc. Questi congressi solitamente assomigliano più a uno spettacolo mediatico che i vertici dei partiti usano per fare un po’ di pubbliche relazioni a gratis piuttosto che a un effettivo esercizio di discussione politica e di presa di decisioni su basi democratiche. In Venezuela le cose sono molto diverse. Non perché tutto sia perfetto e si muova in linea retta: come mostreremo, anche all’interno del Psuv sta emergendo una burocrazia che – se non verrà fermata per tempo – distruggerà la rivoluzione dall’interno. Tuttavia il punto principale ora è che la burocrazia non è in condizioni di fare ciò che vuole del partito. Perché? Perché in Venezuela c’è un straordinaria situazione rivoluzionaria che spinge all’azione milioni di operai, giovani, contadini, intellettuali, poveri. Come spiegava Trotskij, una rivoluzione è un processo nel quale le masse entrano nell’arena politica e prendono in mano il proprio destino. Questa enorme pressione dal basso è stata incanalata nel Psuv e si è riflessa nel congresso. La stessa creazione del Psuv è il risultato del discredito dei vecchi partiti bolivariani e della rivendicazione da parte delle masse di una vera democrazia nel movimento, una rivendicazione rivolta contro la direzione autonominata della destra, che domina i vertici. Chavez lo ha percepito e ha proposto la formazione del Psuv come un mezzo per dare potere alla base. Questo si riflette anche nel modo come si è organizzato il congresso: oltre due mesi di discussioni, delegati eletti dalla base con diritto di revoca, e in molte località assemblee regionali nelle regioni di origine, nelle quali i delegati riferivano alla base e discutevano le varie questioni, un processo di discussione che ha coinvolto centinaia di migliaia se non milioni di persone. La burocrazia bolivariana era evidentemente tutt’altro che soddisfatta di questo stato di cose, prodotto dell’enorme pressione dal basso, e ha tentato in ogni momento di annacquare e limitare il potere della base e dei delegati. Uno stato d’animo combattivo fra i delegati Un aspetto ha dominato il congresso e tutte le sessioni e i dibattiti: la lotta tra la maggioranza dei delegati, la maggior parte dei quali onesti rivoluzionari, dirigenti naturali dei quartieri chavisti più poveri, del movimento studentesco, dei sindacati, che cercano di costruire il Psuv come il partito necessario alla rivoluzione per conquistare la vittoria decisiva, e dall’altra parte una piccola burocrazia riformista che tenta di imporsi e di trasformare il Psuv in una ripetizione del Mvr, il vecchio partito di Chavez, giustamente considerato come una macchina elettorale burocratica, piena di carrieristi, burocrati, infiltrati della destra e “politici” di professione corrotti. Più e più volte abbiamo visto come la maggioranza dei delegati rifletteva le aspirazioni della base a costruire il partito su linee autenticamente rivoluzionarie. E stato così, ad esempio, quando durante la terza sessione, celebrata a Puerto Ordaz nella regione del Bolivar, i delegati di Caracas hanno proposto di introdurre nella Dichiarazione di principi il termine “anticapitalista”. La burocrazia (e anche il Partito comunista) hanno sostenuto che l’“anticapitalismo” era già compreso nella definizione socialista assunta dal partito, ma i delegati hanno insistito affinché il termine venisse incluso costringendo la burocrazia a rinviare il voto sul documento. Durante la quarta sessione del Congresso, a Caracas, Jorge Rodriguez ha dichiarato che il partito aveva già votato la Dichiarazione di principi ma è stato contestato dai delegati che gli hanno ricordato che non era affatto così e che lo hanno considerato come un tentativo di aggirare la questione, e hanno infine fatto approvare l’inclusione del termine nel testo. Durante la stessa terza sessione c’è stata anche la proposta di organizzare manifestazioni di piazza in coincidenza con ciascuna sessione plenaria, proposta adottata dai delegati che hanno organizzato un raduno anti-imperialista a Puerto Ordez, al quale si sono uniti centinaia di operai della vicina, enorme, acciaieria Sidor, i quali come parte della lotta per il contratto collettivo rivendicano la nazionalizzazione dell’impresa. Gran parte dei delegati durante le ultime tre sessioni del congresso ha mostrato un forte interesse per le idee marxiste e i compagni della Corriente marxista revolucionaria hanno diffuso libri e opuscoli per oltre 4000 Bolivares (circa 1000 euro) e oltre 350 copie del loro periodico El Militante. È solo un indicatore, naturalmente, ma se lo consideriamo unitamente alle discussioni del congresso, costituisce un segnale chiaro: settori significativi dei delegati sono in cerca delle idee marxiste rivoluzionarie. Programma e Dichiarazione di principi La spinta dal basso ha lasciato il segno in molte delle principali decisioni del congresso di fondazione. Lo si vede con maggiore chiarezza nella nuova Dichiarazione di principi. Il programma del Psuv è stato votato come bozza che verrà discussa e pubblicata in un apposito “congresso ideologico” che programmato dopo le elezioni dei sindaci e governatori che si terranno a novembre. In un precedente resoconto abbiamo analizzato alcune delle contraddizioni di quel documento. La “Dichiarazione di principi”, tuttavia, è molto più chiara e su posizioni più solide fra le quali la necessità di espropriare i capitalisti che possiedono i mezzi di produzione: “L’inefficienza nell’esercizio dei poteri pubblici, il burocratismo, il basso livello di partecipazione del popolo al controllo e alla gestione del governo, la corruzione e un distacco crescente tra il popolo e il governo, minacciano [di indebolire] la fiducia che il popolo ha riposto nella rivoluzione bolivariana. (…) “Gli interessi del settore privato nella produzione e distribuzione di beni e servizi, i cui interessi speculativi sono derivanti dal loro controllo sulla proprietà dei mezzi di produzione, sono una ulteriore minaccia per la rivoluzione bolivariana. Nel caso degli alimenti, non è sufficiente lottare contro il sabotaggio e la mancanza di rifornimenti con misure amministrative. È necessaria una prospettiva strategica che affidi la proprietà dei mezzi di produzione al popolo organizzato”. C’è anche un paragrafo significativo sulle fondamenta ideologiche del partito: “Il partito assume come proprio punto di partenza l’albero dalle tre radici: il pensiero e l’azione di Simon Bolivar, Simon Rodriguez e Ezequiel Zamora. Lotterà per formare i propri membri e militanti adottando come guida il pensiero e le azioni di rivoluzionari e socialisti di tutto il mondo quali José Martì, Ernesto Che Guevara, José Carlos Mariategui, Karl Marx, Frederick Engels, Lenin, Trotskij, Gramsci e altri che hanno contribuito alla lotta per la trasformazione sociale”. Il ruolo pernicioso della burocrazia riformista: il “caso Tascon” Naturalmente questo è solo un lato della medaglia. Nonostante tutti i passi avanti, che sono chiaramente il prodotto della pressione dal basso, la destra all’interno del movimento bolivariano è a sua volta riuscita a lasciare un segno nei lavori del congresso. Di quale destra parliamo? Ci riferiamo qui a quegli elementi all’interno del movimento i quali cercano di rallentare la rivoluzione e raggiungere infine a un qualche accordo con l’opposizione e l’imperialismo. In un tentativo disperato di porre un freno alla rivoluzione questi personaggi stanno promuovendo l’idea di “un socialismo che comprenda diverse forme di proprietà.” Con questo slogan vogliono porre fine alle nazionalizzazioni e difendere la proprietà privata dei mezzi di produzione. Queste idee hanno ricevuto una copertura “teorica” da parte del noto scrittore riformista Heinz Dietrich. Questi personaggi si sono installati in posizione chiave nell’apparato statale che hanno utilizzato per sabotare la campagna referendaria di dicembre, aiutando così l’opposizione a conquistare una vittoria risicata. All’interno del Psuv tentano in tutti i modi di introdurre idee riformiste e di controllare il partito dall’alto. Questa destra viene comunemente identificata con Diosdado Cabello, un ricco affarista che è ora governatore dello Stato del Miranda. Lungo tutto il congresso, Cabello ha fatto parte del “comitato di supporto tecnico” che organizzava il congresso e le sue sessioni. Il primo grande conflitto tra questa destra burocratica e le aspirazioni della maggioranza dei delegati si è verificato nella quarta assemblea, tenutasi a Caracas dal 15 al 18 febbraio. La causa immediata del conflitto è stato il fatto che Luis Tascòn, un deputato e membro del Psuv, è uscito pubblicamente accusando il fratello di Diosdado Cabello, José David Cabello, recentemente nominato capo della Seniat, l’agenzia di riscossione delle imposte, di corruzione e irregolarità riguardanti l’acquisto di automobili e fuoristrada. Tascòn si è spinto fino a sollevare il caso nei media, compresa Globovision, la Tv dell’opposizione di destra. Diosdado Cabello ha reagito con un attacco feroce contro Tascòn, che ha accusato di essere “un agente dell’Impero” proponendo che fosse espulso del Psuv. Lo stesso Chavez si è espresso in difesa di Cabello e ha attaccato pubblicamente Tascòn. Il sabato 16 febbraio Jorge Rodriguez, ex vice presidente ora capo della direzione provvisoria del Psuv, è apparso sui canali nazionali assieme a Diosdado Cabello annunciando che “Tascon è stato espulso per palese mancanza di disciplina dal congresso con un voto unanime” (!) Si trattava di una menzogna sfacciata e la reazione della base è stata immediata. A Caracas i delegati hanno preteso che Jorge Rodriguez si presentasse a una assemblea e spiegasse le sue azioni. A prescindere dai metodi di Tascòn e dal modo nel quale ha lanciato le accuse di corruzione, è del tutto inammissibile espellere qualcuno da un partito che ancora non si è neppure formato. Come può una direzione non eletta espellere qualcuno per decreto? E perché dei dirigenti non eletti mentono sui media riguardo alle decisioni prese mentre accusano l’espulso di “mancanza di disciplina”? Di doveva invece aprire un’indagine sulle accuse di Tascòn e poi tenere una discussione democratica nelle fila del partito. Come ha detto il giorno seguente un delegato al congresso: “È un opportunista e non avrebbe dovuto andare da Globovision, ma chi sono Jorge Rodriguez e Diosdado per espellerlo e poi dire che è stata la decisione del partito? Questi sono metodi da Quarta Repubblica e non li permetteremo!”. Di fronte alla rabbia dei delegati e della base, Jorge Rodriguez ha dovuto fare u mezzo passo indietro e ha detto che Tascon avrà l’opportunità di difendersi contro le accuse. Le elezioni della direzione Il secondo grande conflitto tra destra e sinistra si è verificato durante i dibattiti su come eleggere la direzione nazionale del Psuv. In una rivoluzione le masse sono estremamente sensibili alle questioni democratiche. Vogliono che il partito sia controllato democraticamente dalla base e che i dirigenti siano soggetti al diritto di revoca. Lo considerano come l’unica garanzia che si seguano politiche autenticamente socialiste. Lo stesso Chavez ha più volte dichiarato che il Psuv sarebbe stato il partito più democratico nella storia del Venezuela. Poiché nel congresso non si è potuto giungere a un accordo sul metodo di elezione della direzione, i riformisti hanno proposto che fosse lo stesso Chavez a indicare 69 candidati da presentare al voto degli oltre 80mila voceros e commisionados, cioè i rappresentanti eletti dei battaglioni del Psuv (i battaglioni sono le sezioni del partito). Questo ha provocato un forte senso di sfiducia e rabbia fra molti delegati, che a ragione temevano che avrebbe dato ai riformisti di destra il controllo della direzione del partito. Alla fine non è stato raggiunto alcun compromesso, così alla quinta assemblea dei delegati a Puerto la Cruz, nello stato di Anzoategui, Jorge Rodriguez ha colto tutti di sorpresa dichiarando all’improvviso che ogni delegato avrebbe dovuto scrivere tre nomi su un foglio e che le schede sarebbero stato portate al palazzo presidenziale di Miraflores dove Chavez avrebbe nominato i 69 candidati, tenendo conto delle indicazioni dei delegati. Secondo Rodriguez, tuttavia, non si sarebbe dovuto indicare nomi qualsiasi, ma solo “dirigenti riconosciuti”. La burocrazia ha dovuto utilizzare l’enorme autorità personale di Chavez nel movimento per imporre questo metodo. Portare le schede a Miraflores significava impedire che i delegati sapessero quanti voti aveva raccolto ciascun candidato. Costringendo a indicare tre nomi si impediva ai delegati di consultarsi con la base e impediva anche ai candidati di presentare le proprie idee ai delegati. In una lettera a Chavez datata 8 marzo, numerosi delegati (secondo il sito Aporrea tra il 33 e il 40 per cento) hanno insistito che questo processo di elezione della direzione del Psuv ha sofferto numerose violazioni di quelli che considerano essere i principi basilari di una democrazia rivoluzionaria di base. La nostra opinione è che questo metodo utilizzato per selezionare i candidati alla direzione ha aperto la porta agli elementi moderati, riformisti e ai politici dando loro una maggior presenza nella direzione. Nella lista dei 69 delegati, dei quali 15 sono stati eletti la domenica 9 marzo, c’erano numerosi personaggi che in passato appartenevano alla direzione screditata del Mvr. Anche se se alcuni dei nomi, come Freddy Acevedo, giovane marxista e attivista studentesco di Tachira, sono veri combattenti, sono molti quelli che le masse considerano burocrati inutili. Significativamente fra i 69 c’è solo un militante sindacale. Quando il 9 marzo si è infine votato sono stati eletti 15 membri di pieno diritto e 15 membri supplenti della direzione. Durante la settimana ci sono state tantissime discussioni e per la prima volta, nonostante tutti i limiti, c’è stata una chiara demarcazione pubblica fra destra e sinistra nella direzione del movimento bolivariano. Quando sono stati scrutinati i voti, Diosdado Cabello significativamente non è passato fra i 15 membri a pieno titolo, anche se è stato il primo dei supplenti. Numerose figure importanti identificate con la destra non sono state elette come membri a pieno titolo (il sindaco di Caracas Freddy Bernal, il governatore dello Stato di Lara Luìs Reyes Reyes, il ministro del petrolio Rafael Ramirez, William Lara, Dario Vivas, Rafael Isea) e altri sono rimasti fuori (il voltagabbana opportunista Francisco Arias Cardenas, Rodolfo Sanz, Jesse Chacon, ecc.). Così; anche se il risultato non è univoco e la nuova direzione comprende una maggioranza di riformisti di destra, ma anche alcuni che sono identificati con la sinistra, il fatto che la principale figura della destra che è stata in primo piano nel congresso, Diosdado Cabello, abbia ricevuto un numero così basso di voti nonostante avesse a sua disposizione una macchina politica ben oliata, è un evidente riflesso della forza dello stato d’animo della base. Il ruolo di Chavez In tutto questo il ruolo di Chavez è stato molto ambiguo e contraddittorio. In certi momenti ha attaccato quelli che chiama “elementi scissionisti” e a fatto appello all’“unità e alla disciplina” all’interno del Psuv. In uno dei suoi discorsi nel congresso ha anche continuato a difendere Diosdado Cabello contro gli attacchi politici da sinistra. Ha proposto l’espulsione di Tascon e ha spinto fortemente perché questa venisse applicata. Inoltre ha usato la sua autorità per far approvare il metodo di elezione della direzione. Questo ha deluso numerosi delegati e militati di base, che pensavano che Chavez avrebbe sostenuto la sinistra nella lotta contro la burocrazia. Al tempo stesso, tuttavia, Chavez ha attaccato idee promosse dalla destra quali il “chavismo senza Chavez”. Ha candidato personaggi provenienti dalla burocrazia, ma ha anche nominato altri della sinistra. È stato ad esempio il caso dell’ex generale Alberto Müller Rojas. Nell’estate del 2007 Chavez aveva avuto una polemica pubblica con Müller Rojas sulla questione di permettere o mento a soldati e ufficiali dell’esercito di entrare nel Psuv (vedi The challanges facing the Venezuelan Revolution, in inglese) A quell’epoca Müller Rojas sostenne che i militari dovevano poter aderire al Psuv, mentre Baduel (che successivamente nel novembre 2007 è passato dalla parte della controrivoluzione) si era opposto. In quel momento Chavez sostenene Baduel e Müller Rojas fu rimosso dal comitato promotore del Psuv. Ma nella sessione conclusiva del congresso del Psv, sabato 2 marzo, Chavez ha proposto che Müller Rojas venisse indicato come vicepresidente del Psuv! Questo è del tutto tipico delle oscillazioni di Chavez. Le sue giravolte si riflettono non solo in idee politiche diverse, ma anche nella scelta degli individui. Chavez è indubbiamente una persona onesta, ma non ha una chiara idea di come procedere e affrontare le difficoltà della situazione odierna. Non assumendo misure decisive contro la burocrazia e mantenendo il suo destino vincolato a figure che sono chiaramente parte della burocrazia riformista, egli indebolisce la sua stessa base di appoggio nel movimento rivoluzionario. Come militare esperto, Chavez vede nell’unità la garanzia del futuro. Ma la domanda decisiva è questa: è possibile l’unità fra le posizioni della destra e della sinistra, vale a dire tra riformismo e rivoluzione? Come combattere la burocrazia: la necessità di un’opposizione di sinistra Anche se le prime battaglie all’interno dl Psuv possono apparire come questioni puramente organizzative, al fondo sono il riflesso di una lotta politica. Il problema principale è che la maggioranza di delegati che cerca una via rivoluzionaria non è organizzata. La minoranza del congresso, la burocrazia riformista, è molto bene organizzata e lavora in maniera coordinata e cosciente. Questo spiega perché sono stati capaci di vincere diverse battaglie nel congresso, pur di fronte a una forte opposizione. Che conclusione debbono trarne i rivoluzionari? Dobbiamo fare appello all’organizzazione di una corrente di sinistra, con una chiara piattaforma socialista e rivoluzionaria. Dobbiamo esigere che i metodi organizzativi corrispondano agli obiettivi politici affermati dalla Dichiarazione di principi. Se il Psuv deve essere lo strumento per l’abolizione del capitalismo in Venezuela, il partito deve organizzarsi in modo tale da favorire tale scopo. La domanda è la seguente: come possiamo combattere efficacemente contro la burocrazia? Non è possibile sconfiggere la burocrazia sollevando questioni e polemiche puramente organizzative. Dobbiamo attaccare la burocrazia nel suo punto più debole: la sua politica riformista e conciliatoria. Dobbiamo smascherare queste politiche e mostrare che conducono al disastro il partito e la rivoluzione. Solo due vie: riforme o rivoluzione Tanto per i riformisti di sinistra che per i settari, le lotte interne al Psuv sono state una sorpresa totale. Costoro ritenevano che dopo la sconfitta nel referendum costituzionale le masse fossero demoralizzate e che fosse l’inizio di un riflusso nel movimento rivoluzionario venezuelano. Come in tante altre occasioni si sono dimostrati incapaci di comprendere le prospettive per il Venezuela e il movimento delle masse bolivariane. Per i marxisti, le convulsioni alle quali abbiamo assistito al congresso del Psuv non sono state una sorpresa. Dopo la sconfitta del referendum, in un articolo scritto il 3 dicembre da Alan Woods, evidenziavamo quanto segue: “La vittoria del ‘No’ nel referendum sarà uno shock salutare. La base chavista è furibonda e addita giustamente la burocrazia, quale colpevole dell’arretramento. Esige che si agisca per epurare la destra dal movimento.” (Venezuela: Cosa significa la sconfitta del referendum? leggilo qui, in inglese) È precisamente quanto accade oggi. Solo così si spiegano le polemiche e i conflitti nel congresso. La pressione rivoluzionaria dal basso lascia il suo segno su molti degli esiti del congresso fondativo, in particolare nella Dichiarazione di principi. D’altra parte, la burocrazia è riuscita a ottenere il controllo della direzione nazionale. Sarebbe tuttavia del tutto errato pensare che le masse permetteranno alla burocrazia di mantenere la sua stretta sul partito senza una lotta. Più e più volte le masse tenteranno di riconquistare il partito e sfideranno la burocrazia. Si prepara lo scenario per una battaglia feroce tra la base rivoluzionaria e la burocrazia. Qualsiasi tentativo di compromesso di dimostrerà futile; il riformismo e al rivoluzione sono come acqua e fuoco: è impossibile mischiarli. Nelle prossime settimane ci saranno tantissimi dibattiti nella base del Psuv e migliaia di attivisti d’avanguardia cominceranno a trarre le loro conclusioni. Per il 5 aprile è convocato un incontro nazionale dei delegati della sinistra del Psuv, incontro del quale la Cmr è fra i promotori. Sarà in avvenimento importante per discutere le lezioni del congresso e per organizzare il futuro lavoro della sinistra nel Psuv. L’ultima provocazione dell’imperialismo, con la violazione del territorio ecuadoregno da parte di truppe colombiane, è un chiaro avvertimento per la rivoluzione venezuelana: l’imperialismo Usa continua a tenere il suo occhio vigile sul Venezuela, pronto a cogliere qualsiasi occasione possa presentarsi per strangolare la rivoluzione. Questa volta, tuttavia, userà gli elementi moderati all’interno del chavismo e del Psuv, come quinta colonna che faciliti il suo compito. La rivoluzione venezuelana è al bivio. Il neonato Psuv dovrà affrontare una varietà di problemi: il continuo sabotaggio economico che frequentemente provoca penuria di beni alimentari di base, la speculazione dei capitalisti che spinge l’inflazione, la mancanza di case a prezzi economici, la necessità di dare risposta alla richiesta popolare di misure contro le reti televisive golpiste, Globovision fra le altre. Dopo quasi 10 anni di rivoluzione, una decina di consultazioni elettorali, continue mobilitazioni e innumerevoli discorsi su socialismo e rivoluzione, le masse cominciano a mettere in discussione il ritmo degli avvenimenti. Non perché siano stanche del socialismo, ma perché sono stanche di infiniti discorsi, parole e fraseologia senza che poi si compiano azioni definitive. È in questo contesto che riformismo e rivoluzione si fronteggiano in modo inconciliabile. 10 marzo 2008 Source: FalceMartello