Perchè i marxisti si oppongono al controllo sull’immigrazione

Dall’inizio della crisi del 2008 i partiti e i movimenti anti-immigrati sono in crescita in Europa e negli Stati Uniti, conquistando al loro programma anche una parte di classe lavoratrice. Ciò ha portato alcuni settori del movimento operaio ad adattarsi a queste idee: rivendicano maggiori controlli alla frontiera e giustificano le loro posizioni con tanto di citazioni di Marx. Come dimostreremo, questa politica miope non ha niente a che fare con Marx e le tradizioni della Prima, Seconda e Terza Internazionale.

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Marx sulla Brexit

Uno dei principali contesti in cui si è sviluppata la discussione è stata la Brexit. In particolare i politici riformisti di destra hanno concluso che la causa della Brexit sia che i lavoratori sono razzisti e quindi dobbiamo “ascoltare le loro preoccupazioni”. Questo ha influenzato anche il movimento sindacale, in cui diversi segretari di categoria hanno proposto, in un modo o nell’altro, limitazioni all’immigrazione.

Il 19 Dicembre 2018 Len McCluskey, leader del sindacato “Unite” (secondo sindacato di categoria più grande della gran Bretagna, organizza in particolare metalmeccanici e lavoratori dei trasporti, ndt), ha scritto un articolo intitolato “Un secondo referendum sulla Brexit rischia di lacerare la nostra società”. In generale l’articolo è una ragionevole critica a chi propone un secondo referendum, il quale davvero rischia di fare a pezzi il Partito laburista. Tuttavia nell’articolo McCluskey si cimenta sul tema del controllo delle frontiere, domandando la chiusura delle Agenzie di Importazione di manodopera ( rappresentate nel film “in questo mondo libero…” di Ken Loach, 2007, ndt) che ricorrano a salari e diritti ridotti:

Il principio è semplice: assicurare che ciascuno sia pagato il giusto compenso per il proprio lavoro ; che gli accordi sindacali prevalgano, e che si decreti la fine dello scandalo delle Agenzie senza scrupoli che importano lavoratori solo perché sono più economici della manodopera locale. I lavoratori migranti non sono da colpevolizzare per questo, piuttosto lo è il sistema che permette a padroni avidi di abusare di tutti i lavoratori. La May tace su questo

Tutto ciò è corretto. Il movimento operaio deve opporsi ad ogni attacco alle conquiste, incluso contro la direttiva UE per i lavoratori distaccati, che ha aperto la porta a quella che in realtà è l’importazione di crumiri dal resto dell’Europa. Tuttavia, proseguendo nel testo, salta da un concetto giusto ad uno pericoloso:

Il movimento operaio combatterà sempre il razzismo, e lo sfruttamento. E ogni lavoratore sindacalizzato sa che la nostra forza deve sempre essere puntellata attraverso il controllo dell’offerta di manodopera. Un mercato del lavoro deregolamentato non funziona meglio così come non lo fa in nessun altro aspetto della vita.”

Questa affermazione di buon senso nasconde un principio dannoso: dovremmo permettere ai capitalisti di determinare l’offerta di manodopera. Questo implica che anche i sindacati potrebbero farlo in qualche modo, ma che è fuori discussione perché non è fra i nostri compiti. Si riferisce al controllo dell’immigrazione dello stato borghese, guidato in Gran Bretagna da un governo fortemente antisindacato. In questi termini si tratta di un appello alla borghesia a limitare l’immigrazione, e non ad un controllo operaio dell’immigrazione. Se si trattasse di una allusione al sistema “closed shop” (in cui l’iscrizione al sindacato è obbligatoria per essere assunto), un marxista non avrebbe nulla da obiettare, ma non è ciò che viene detto.

Naturalmente si potrebbe dire che, se il Partito Laburista giungesse al potere potrebbe cambiare le cose. Tuttavia non cambierebbe nulla di fondamentale. Lo stato rimarrebbe uno stato borghese, e il sistema economico rimarrebbe capitalista. L’idea che l’amministrazione pubblica, in gran parte orientata a destra, di poter determinare flussi immigratori utile a favore dei lavoratori, incece che al gran capitale, è ingenua. In realtà McCluskey sa di trovarsi su un terreno scivoloso, e cerca di usare Marx e una retorica anticapitalista per giustificare le proprie posizioni.

L’arte delle citazioni selettive

Il 24 dicembre 2016 McCluskey ha scritto un articolo sul Morning Star, giornale del Partito Comunista Britannico, nel contesto della campagna per la sua ri-elezione. L’articolo era chiaramente una risposta al suo avversario di sinistra, Ian Allison, che qualche giorno prima aveva scritto un articolo sostenendo il diritto dei lavoratori a cambiare liberamente paese.

Fra i vari argomenti Allison cita l’esempio del lavoro femminile, e si tratta di una buona analogia. La pretesa che le donne non lavorino e tantomeno si iscrivano al sindacato era reazionaria, divisiva, e ha aiutato i padroni a pagare salari differenti fra uomini e donne e quindi ad usare le donne per diminuire salari e condizioni lavorative degli stessi uomini. Tutte le obiezioni che vengono fatte per la presenza dei lavoratori migranti furono fatte in passato per il lavoro femminile. Non c’è ragione per trattare in modo diverso il tema dei migranti.

Per difendere la sua posizione, McCluskey cita, dal discorso di Marx in preparazione del congresso di Losanna della Prima Internazionale:

Lo studio della lotta portata avanti della classe lavoratrice inglese mostra che, per contrastare i lavoratori, gli imprenditori hanno importato lavoratori dall’estero oppure hanno trasferito fabbriche in paesi dove la forza lavoro è più economica.”

Da questo breve passaggio McCluskey cerca di insinuare che Max appoggiasse il controllo alle frontiere. Ma se leggiamo l’intero paragrafo ne riceviamo una visione molto diversa:

Il potere dell’individuo scompare rispetto al potere del capitale, nella fabbrica il lavoratore ora non è nulla di più di un ingranaggio della macchina. Per recuperare la propria individualità i lavoratori devono unirsi insieme e creare associazioni per difendere i salari e la propria vita. Finora queste associazioni sono rimaste solamente locali, e mentre il potere del capitale, grazie alle innovazioni industriali, si accresce giorno per giorno, in molti casi le associazioni nazionali sono diventate impotenti. Lo studio della lotta portata avanti della classe lavoratrice inglese mostra che, per contrastare i lavoratori, gli imprenditori hanno importato lavoratori dall’estero oppure hanno trasferito fabbriche in paesi dove la forza lavoro è più economica. Dato questo stato di cose, se la classe lavoratrice vuole continuare la sua lotta con qualche possibilità di successo l’organizzazione nazionale deve diventare internazionale”. (Marx, Sul Congresso di Losanna)

Marx riconosce il problema: gli imprenditori stavano usando le divisioni nazionali e i confini per mettere i lavoratori gli uni contro gli altri. Tuttavia la sua soluzione non fu “controllare l’immigrazione” ma organizzarsi a livello internazionale. Marx propose un aumento della cooperazione fra i movimenti operai al di là delle frontiere. In effetti il passaggio citato proviene dal Congresso di Losanna dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori ( la Prima Internazionale), alla cui costruzione Marx dedicò se stesso.

La proposta citata da McCluskey nel suo articolo, ovvero impedire ai padroni di importare forza lavoro senza sottoscrivere accordi sindacali, in realtà non significa molto, ma il discorso suggerisce molto di più di questo. In effetti l’articolo è un tentativo di dare una copertura a sinistra per il “controllo dell’immigrazione”, il che significa chiaramente la riduzione dei flussi migratori. Si tratta di un vecchio tormentone, dai centri di detenzione di Tony Blair, passando dallo slogan di Gordon Brown “Posti di lavoro britannici per i lavoratori Britannici” (lanciato ad una conferenza sindacale nel 2007) fino al fetido “Controllo dell’Immigrazione” di Miliband.

Una rivendicazione corretta, sollevata dallo stesso McCluskey nel suo articolo del 19 dicembre 2018, sarebbe proibire ai padroni l’assunzione di lavoratori stranieri ad un salario inferiore a quello dei lavoratori già presenti. Questo era incluso nel programma approvato da Marx.

Un esempio proveniente proprio dalla storia del sindacato di McCluskey è il celebre sciopero della Raffineria Lindsey, dove i lavoratori hanno lottato precisamente contro i peggioramenti contenuti nella Direttiva UE per i lavoratori distaccati. In questo sciopero i delegati sindacali hanno mantenuto un punto di vista internazionalista contro il razzismo padronale, che ha cercato senza successo di sconfiggere lo sciopero. I delegati sindacali hanno rivendicato che tutti i lavorator, a prescindere dalla nazionalità, dovessero essere soggetti alle stesse condizioni. Lo sciopero è risultato vittorioso dopo aver ottenuto l’appoggio dei lavoratori stranieri, il che non sarebbe mai stato possibile se ci fosse stato anche solo un ombra di xenofobia nella propaganda sindacale.

Il tipo di retorica che McCluskey usa renderebbe più difficile conquistare i lavoratori stranieri alle lotte dei lavoratori Britannici. Tuttavia la burocrazia sindacale al momento è sensibile allo slogan xenofobo dei tabloid (scelto da Gordon Brown) “Lavoro Britannico per Lavoratori Britannici”. Questo slogan è stato usato dal dirigente sindacale Derek Simpson, considerato un esponente della sinistra. Evidentemente i lavoratori, attraverso le lotte, sulla questione razzismo sviluppano una posizione molto migliore dei loro vertici sindacali.

Tra l’altro una parte della sinistra, sempre ansiosa di trovare prove di razzismo fra la classe lavoratrice, ha etichettato lo sciopero come razzista e vi si è opposta. Questa schiera di stupidi estremisti servono solo l’interesse dei padroni, e possono spingere i lavoratori più arretrati fra le braccia della direzione razzista.

Nella vertenza i lavoratori erano dalla parte della ragione e i leader sindacali erano totalmente nel torto. Non è un caso. Nelle lotte i lavoratori scoprono la necessità dell’unità con i propri fratelli e sorelle degli altri paesi. È la ristretta mentalità riformista dei leader sindacali a portarli a ricercare sempre soluzioni accettabili ai capitalisti.

Va aggiunto che a fine Ottocento e inizio Novecento i crumiri fossero spesso importati dagli altri paesi. Quando Marx fondò la Prima Internazionale, uno dei compiti più urgenti era combattere queste pratiche. Come fu fatto ? Conquistando i migranti ai sindacati e costruendo legami fra lavoratori di diverse nazioni attraverso lo strumento dell’Internazionale.

Il successo avuto dalla Prima Internazionale ha insegnato ai lavoratori, in particolare Britannici, l’importanza dell’Internazionalismo. Gli stessi metodi furono impiegati dalla Seconda Internazionale con ancor più successo. Marx non avrebbe mai pensato a propagandare il controllo delle frontiere. C’è una enorme differenza fra sostenere che tutti i lavoratori in Gran Bretagna dovrebbero lavorare a uguale salario e condizioni di lavoro e sostenere un blocco o un limite ai lavoratori stranieri. La prima posizione unisce la classe lavoratrice, la seconda la divide.

I problemi etico-politici di Zizek

Zizek ama sempre creare polemiche. Qualche volta centra il bersaglio, ma la sua abilità a smascherare l’ipocrisia e le contraddizioni del pensiero altrui è molto maggiore della sua abilità nel proporre alternative. Ciò è vero anche sulla questione dell’immigrazione.

Per qualche motivo, divagando sulla questione dell’immigrazione e dei rifugiati in un articolo riguardante i gilet gialli francesi, Zizek scrive:

“La stesso vale per i nostri grandi problemi etico-politici: come affrontare il flusso di rifugiati ? La soluzione non è solo aprire i confini a tutti quelli che vogliono entrare, e motivare questa apertura con un nostro senso di colpa generalizzato (“il nostro colonialismo è il nostro crimine più grande e che dovremo per sempre ripagare”). Se rimaniamo a questo livello assolviamo perfettamente agli interessi di chi sta al potere e fomentiamo il conflitto fra migranti e classe lavoratrice locale (che si sente minacciata da loro) mantenendo una posizione morale superiore.”

L’analisi è solo superficiale. Naturalmente quando si parla di rifugiati arriva ancje il moralismo piccolo-borghese. Tante organizzazioni caritatevoli amano occuparsi di rifugiati, in particolare quando sono lontano in altri continenti. Tuttavia è del tutto insufficiente considerare questo fatto e contrapporlo alla questione della lotta di classe. In realtà esiste un grande senso di solidarietà fra lavoratori di diversa provenienza, e questo aspetto nel movimento Refugees Welcome è molto più importante di ogni altra considerazione etica o senso di colpa.

Come molti intellettuali della classe media, Zizek fondamentalmente concepisce i lavoratori come indifferenti alla solidarietà internazionale o agli aspetti teorici della lotta di classe, che ripongono il loro unico interesse nella prossima basta paga. Quando affrontano tali tematiche, questi intellettuali rivelano la loro scarsa considerazione della classe lavoratrice. Ed è, per una ragione collegata, anche sbagliato porre la questione fondamentalmente come etica, e considerarla una distrazione, come fa in queste righe:

“Nel momento in cui si comincia a ragionare in questa direzione, il politicamente corretto lascia istantaneamente il posto ad urla fasciste, vedi i feroci attacchi ad Angela Nagle per il suo straordinario saggio “La tesi di sinistra contro l’apertura dei confini”. Ancora, la contraddizione fra partigiani dell’apertura dei confini e populisti anti-immigrazione è una falsa “contraddizione secondaria” il cui scopo ultimo è offuscare la necessità di cambiare il sistema stesso: l’intero sistema economico internazionale, nella sua attuale forma, implica la crescita dei rifugiati.”

Zizek naturalmente ha ragione sul fatto che, fondamentalmente, la lotta principale debba essere per cambiare la società. Ma in questa lotta, la questione dei rifugiati e dell’immigrazione si riduce ad un offuscamento solo se è posta nel modo sbagliato, precisamente come l’autore fa nel suo stesso articolo. Immigrazione e rifugiati sono una questione molto importante che deve essere affrontata, ma a cui deve essere data una risposta socialista e non etica.

Marx e la questione nazionale irlandese

Zizek si riferisce ad un articolo di Angela Nagle apparso sul periodico conservatore American Affaire di novembre 2018, intitolato “La tesi di sinistra contro l’apertura dei confini” che a sinistra ha sollevato numerose critiche, e qualche plauso. È significativo perché di nuovo si prova ad usare Marx per giustificare l’opposizione all’immigrazione. Il passaggio che Nagle sceglie è una lettera di Marx a due membri americani della Prima Internazionale:

“Salendo costantemente la concentrazione di debitori di affitti, l’Irlanda spedisce costantemente il suo surplus nel mercato di lavoro Inglese forzando così verso il basso gli stipendi e indebolendo la posizione materiale e morale della classe lavoratrice Inglese”

“E più importante di tutto! In tutti i centri industriali e commerciali dell’Inghilterra vi è adesso una classe operaia divisa in due campi ostili, proletari inglesi e proletari irlandesi. L’operaio comune inglese odia l’operaio irlandese come un concorrente che comprime il tenore di vita. Egli si sente di fronte a quest’ultimo come parte della nazione dominante e proprio per questo si trasforma in strumento dei suoi aristocratici e capitalisti contro l’Irlanda, consolidando in tal modo il loro dominio su se stesso. L’operaio inglese nutre pregiudizi religiosi, sociali e nazionali verso quello irlandese. Egli si comporta all’incirca come i poor whitesverso i negri negli Stati un tempo schiavisti dell’unione americana. L’irlandese pays him back with interest in his own money [lo ripaga con gli interessi della stessa moneta N.d.T.]. Egli vede nell’operaio inglese il corresponsabile e lo strumento idiota del dominio inglese sull’Irlanda.
Questo antagonismo viene alimentato artificialmente e accresciuto dalla stampa, dal pulpito, dai giornali umoristici, insomma con tutti i mezzi a disposizione delle classi dominanti. Questo antagonismo è il segreto dell’impotenza della classe operaia inglese, a dispetto della sua organizzazione. Esso è il segreto della conservazione del potere da parte della classe capitalistica. E quest’ultima lo sa benissimo.” Marx (lettera a Mayer e Vogt, 1870)

Si tratta di una analisi molto chiara in cui Marx mostra che i immigrati irlandesi furono aizzati contro i lavoratori inglesi in Inghilterra nella seconda metà del diciannovesimo secolo e che questa divisione ha danneggiato la lotta di classe in Inghilterra. Il fatto che Marx illustrasse queste dinamiche non dovrebbe sorprendere nessuno. Quello che ci interessa qui non sono le abilità di osservatore di Marx, ma piuttosto le soluzioni che propone, che Nagle non ritiene di dover includere:

“L’Inghilterra, in quanto metropoli del capitale, in quanto potenza fino ad oggi dominante il mercato mondiale, è per il momento il paese piú importante per la rivoluzione operaia, oltre a ciò essa è l’unico paese, nel quale le condizioni materiali di tale rivoluzione si siano sviluppate fino ad un certo grado di maturità. Perciò l’obiettivo piú importante dell’Internazionale è di accelerare la rivoluzione sociale in Inghilterra. L’unico mezzo per accelerarla è rendere indipendente l’Irlanda. Di qui ne deriva per l'”Internazionale” il compito di mettere sempre in primo piano il conflitto tra Inghilterra e Irlanda, di prendere sempre posizione aperta a favore dell’Irlanda. Il compito specifico del Consiglio centrale a Londra, è di risvegliare nella classe operaia inglese la consapevolezza che l’emancipazione nazionale dell’Irlanda non è per essa una question of abstract justice or humanitarian sentiment [questione di astratta giustizia o di sentimenti umanitari N.d.T.] bensì the first condition of their own social emancipation[la prima condizione per la loro stessa emancipazione sociale N.d.T.]. (enfasi nell’originale, ndr)

Qui giungiamo al nocciolo della questione. Marx sollecita i lavoratori inglesi ad unirsi a quelli irlandesi per sostenere la loro causa dell’indipendenza, e la Prima Internazionale a dedicarsi a questa causa. In tal modo i lavoratori inglesi e irlandesi sarebbero stati uniti nella lotta contro il capitale e l’imperialismo inglesi. Deve essere sottolineato che Marx pone questo compito sulle spalle dei lavoratori inglesi, al fine di conquistare gli irlandesi alla propria casa. È totalmente diverso dall’appoggiare i controlli alla frontiera.

Nagle apparentemente ha semplicemente copiato la citazione da un articolo di David L.Wilson apparso su Monthly Review. In questo articolo sostiene che sarebbe sbagliato sminuire le preoccupazioni del ruolo dell’immigrazione nel deprimere i salari, il che per certi versi è corretto. Tuttavia questa argomentazione di per sé può essere facilmente usata per giustificare misure reazionarie. Wilson non fa questo. Anzi utilizza appropriatamente la citazione per sostenere l’unità dei lavoratori al di là dei confini nazionali: dobbiamo opporci alla politica estera Statunitense e unire i lavoratori migranti e non-migranti. Giusto. Inoltre apporta motivazioni contro un paio di politiche dannose del governo USA contro i lavoratori migranti. Eppure lascia irrisolta la fondamentale questione teorica dei confini.

Una simile mancanza di chiarezza lascia il campo aperto ad altre interpretazioni. Angela Nagle segue Wilson nel promuovere le azioni contro i “motivi profondi dell’immigrazione” che lei individua nella politica estera USA, nelle multinazionali e nella povertà. Tuttavia, mentre Wilson giudica il controllo dell’immigrazione nocivo per l’unità dei lavoratori migranti e non, Nagle giunge a conclusioni opposte.

Per Nagle il solo fatto che esista un conflitto fra migranti e non-migranti è un argomento per il controllo all’immigrazione, mentre in realtà è vero l’opposto. Con una giravolta, Nagle usa la citazione dove Marx sollecita la difesa dei diritti democratici dei lavoratori irlandesi per sostenere misure punitive contro i migranti:

“Rispetto all’immigrazione illegale, la sinistra dovrebbe appoggiare gli sforzi per rendere obbligatorie le verifiche elettroniche e premere per rigide sanzioni agli imprenditori che non rispettano le regole. Gli imprenditori, non gli immigrati, dovrebbero essere il principale obiettivo del rafforzamento degli sforzi. Questi imprenditori si avvantaggiano degli immigrati privi di tutela legale per poter perpetuare una corsa verso il basso dei salari mentre evadono le tasse e i contributi. Questo genere di incentivi devono essere eliminati per poter ottenere un trattamento giusto per ogni lavoratore.

[….]

“Proprio come la situazione descritta da Marx dell’Inghilterra dei suoi tempi, politici come Trump aggregano la propria base fomentando sentimenti anti-immigrazione, ma raramente o mai puntano il dito contro lo sfruttamento strutturale, in patria o all’estero, che è la causa di fondo dell’immigrazione di massa. Spesso rendono questi problemi ancor peggiori aumentando il potere degli imprenditori e del capitale contro il lavoro, mentre indirizzano la rabbia dei propri sostenitori, spesso vittime esse stesse di queste forze, contro altre vittime, gli immigrati. Ma nonostante tutte le sparate anti-immigrazione di Trump, la sua amministrazione non ha praticamente fatto nulla per aumentare l’utilizzo delle verifiche elettroniche, preferendo invece vanagloriarsi di un muro al confine che non si materializzerà mai. Mentre le famiglie vengono separate al confine, il governo ha chiuso un occhio sugli imprenditori che usano i migranti come pedine di una disputa sindacale.”

Qui Nagle prova, chiedendo che gli imprenditori vengano multati, a mettersi dalla parte dei lavoratori. Ma in realtà come Wilson illustra nel suo articolo, questo tipo di misure servono solo a rendere i migranti ancor più vulnerabili allo sfruttamento. La creazione di una sotto-classe di migranti super-sfruttati è precisamente quanto la legislazione e le politiche perseguono. Gli imprenditori usano i sub-appaltatori senza scrupoli che riescono ad utilizzare queste possibilità. Queste proposte non risolveranno nulla, e in realtà rappresentano fondamentalmente la stessa posizione reazionaria della legge anti-cinese del 1882, che Nagle cita quasi approvandola mentre discute il capitolo inglorioso del passato della AFL (principale confederazione sindacale Usa, ndt).

Nagle lascia nelle mani della classe capitalista la questione del controllo dei flussi migratori. Se la classe capitalista determina che deve entrare più forza lavoro, legalmente o illegalmente, lo farà, altrimenti no. L’idea che questo rafforzerebbe il potere contrattuale della classe lavoratrice è a dir poco miope. Si tratta del riflesso della speranza della burocrazia sindacale ad una vota comoda.

Una politica del genere metterebbe un cuneo fra lavoratori legali e illegali e facilmente creerebbe una forza lavoro ancor più frammentata, dove alcuni hanno maggior diritti di altri. Nei decenni passati la AFL-CIO, a suo credito, ha lottato contro le leggi sulla migrazione e a favore di un percorso di cittadinanza e per il diritto alla residenza per i migranti. Tutto ciò è corretto, e corrisponde al programma adottato dalla Seconda Internazionale, precisamente perché nasce dalla necessità del movimento operaio di parificare i diritti dei lavoratori al fine di unirli.

Tuttavia, Trumka e gli altri leader sindacali della AFL-CIO insistono continuamente nella finzione della abolizione dell’immigrazione illegale, che è più o meno quanto anche Nagle sostiene. Prestano troppa attenzione a cosa dicono i borghesi e non abbastanza a quanto fanno. Il vero scopo di dare ai migranti diritti differenziati, concedendo ad alcuni di rimanere a certe condizioni e lasciando altri nella completa illegalità, porta ad un abbassamento dei salari e diritti, e crea un settore super-sfruttato della classe lavoratrice. Esattamente per questo non possiamo aspettarci che la classe capitalista, o il suo apparato statale, creino un sistema migratorio favorevole ai lavoratori.

Il mito della borghesia progressista

Allo scopo di nascondere il loro opportunismo, molti fautori del controllo dell’immigrazione a sinistra professano la loro opposizione al liberalismo. Per provare a giustificare le loro politiche divisive invocano una fraseologia da lotta di classe e fanno gli oppositori delle “élite liberal”. In realtà queste élite nemmeno esistono.

Nagle cita la campagna di Mark Zuckenberg Fwd.us supponendo sia allineata con chi a sinistra propone l’apertura dei confini, ma in realtà il programma di quella campagna non è aprire i confini, ma avere confini più “umani” ed efficienti. Per esempio Fwd.us, insieme all’istituto Cato, sostiene che la detenzione è troppo costosa e propone l’uso di monitor elettronici alle caviglie, controlli telefonici che usino software per il riconoscimento vocale, visite a casa a sorpresa, verifiche sul lavoro e supervisioni effettuate in persona. (Alternative to Detention are cheaper than Universal Detention, Cato Institute). La fase 2 di questo programma è iniziato nel 2010, a due anni dall’insediamento della amministrazione Obama. È una buona illustrazione delle differenze politiche fra Repubblicani e Democratici. I primi invocano i centri di detenzione i secondi invocano i controlli elettronici perché sono meno costosi.

“Ammiro la generosità e l’approccio compassionevole di cui si sono fatti portatori in particolare leader come Angela Merkel, ma io penso sia giusto dire che l’Europa ha già fatto la sua parte, e debba mandare un messaggio molto chiaro: ‘Non possiamo più continuare a fornire rifugio e aiuto’, perché se non affrontiamo la questione immigrazione continueremo ad irritare l’elettorato.” (Hillary Clinton:Europe must curb immigration to stop rightwing populists)

In altre parole, per sconfiggere la destra dobbiamo adottare il suo programma.

Un altro beniamino del sistema, Tony Blair, è d’accordo:

“Dobbiamo occuparci delle lagnanze legittime e trovare le risposte, ed ecco perché oggi in Europa non si può presentarsi alle elezioni a meno che non si abbia una forte posizione sull’immigrazione perché la gente ne è preoccupata.” …”Bisogna rispondere a questi problemi. Se tu non ne rispondi allora … lasci spazio nel quale i populisti possono inserirsi” ( Clintin,Blair,Renzi:Why we lost, and how to fight back”)

Blair, essendo un politico borghese di talento, non dice mai nulla di chiaro su queste questioni, ma si limita a fare allusioni. Dice che ci serve “una posizione forte sull’immigrazione”, ma non dice quale dovrebbe essere. Bisogna ricordare che la politica dell’immigrazione di Blair (“governare l’immigrazione”) ha sviluppato l’apertura di centri di detenzione privati dove gli immigrati erano trattati peggio dei criminali. Il suo partito era solito distribuire volantini in cui millantava la riduzione del numero dei richiedenti asilo, etc. Gran parte del cosiddetto ambiente ostile in cui a dottori, insegnati, preti, banche e padroni di casa viene richiesto di vigilare sull’immigrazione esisteva in forma embrionale già durante gli anni di Blair. Perciò si può presupporre che oggi proponga più o meno lo stesso.

L’esperienza di Blair sulla questione dell’eleggibilità è piuttosto limitata. Lo scorso anno il programma elettorale del Partito Laburista era quello maggiormente a favore dei migranti da molti anni a questa parte, con la sua opposizione all’”ambiente ostile” e le detenzioni a tempo indefinito. Questa, nonostante l’appoggio nel programma a ciò che sembra essere un sistema a punti per l’immigrazione, è stata una chiara svolta rispetto al corteggiamento neanche tanto velato alla xenofobia del periodo Blair, Brown e Miliband. Sulla base di tale programma il Partito Laburista ha ottenuto il suo miglior risultato dal 1997.

Angela Merkel è spesso promossa come amica dei migranti, ma è una falsità. Certamente durante la crisi dei rifugiati ha concesso più asili politici in Germania dei quali sono stati concessi altrove, ma non a causa di una linea generale di appoggio all’immigrazione. In realtà stava tentando di fermare la libertà di movimento prima che distruggesse completamente l’UE. Dato che le barriere stavano crescendo fra gli stati membri era necessario un modo per abbassare la pressione mentre si cercava a contrastare il flusso di rifugiati. Alla fine è stato stipulato un accordo con Erdogan, il quale ha accettato 6 miliardi euro per tenere i rifugiati, col fucile puntato, in Turchia. Ecco quanto è grande l’Umanitarismo dell’Unione Europea.

Una copertura a sinistra per la borghesia

Il mito della borghesia progressista esiste sia fra la sinistra pro-migranti che in quella anti-migranti. Paul Mason, sebbene abbia cambiato posizione diverse volte, nel 2016 ha affermato che il Partito laburista dovrebbe formare una alleanza con “il settore globalista delle Elite” per una Brexit morbida. Questo atteggiamenti si può ritrovare in tutta la sinistra a favore di un Regno Unito che rimanga nella UE. Fanno costante riferimento alla UE come se si trattasse di una istituzione progressista, e sebbene possano usare frasi diverse da quelle di Mason, propongono esattamente lo stesso: una alleanza interclassista fra lavoratori e banchieri della City Londinese, la stragrande maggioranza dei quali ha sostenuto la permanenza del Regno Unito nella UE.

Negli USA questa politica di fronte popolare prende la forma di un appoggio ai Democratici. Eppure i Democratici, sebbene non siano così a destra come Trump, hanno in comune la maggior parte del programma. La loro maggiore critica è che Trump lo fa diventare impresentabile. L’ICE (Immigration and Customs Enforcement, agenzia federale statunitense, responsabile del controllo della sicurezza delle frontiere e dell’immigrazione, ndt) va bene, ma i bambini dovrebbero essere deportati assieme ai propri genitori, e non separatamente. Nella stessa intervista sopracitata la Clinton dice: prima deporti i criminali, chi minaccia la sicurezza nazionale e i “brutti ceffi”, e poi dai la possibilità a chi è negli USA da molto tempo di avere un giusto processo e un luogo dove poterlo aspettare. “Le persone che continuano ad arrivare, le fai tornare indietro, a meno che non abbiano diritto all’asilo politico”. Si presume che si riferisca alla carovana dei migranti. Non a caso alla prima Conferenza “progressista” Democratica dopo le elezioni di Novembre, i congressisti presenti non hanno saputo spiegare chiaramente quale fosse la loro posizione sulla ICE, in realtà avevano abbandonato la loro contrarietà all’ICE fin dall’estate.

Pretendere che la borghesia possa essere in qualche modo amica dei lavoratori migranti o un alleato per tutti quelli che vogliono lottare contro il razzismo e la xenofobia equivale a fornire un utile servizio alla borghesia, dandogli una copertura a sinistra, progressista. Come marxisti il nostro ruolo è smascherare le motivazioni reazionarie nascoste nel settore della borghesia che concepisce i propri interessi dietro una maschera democratica e progressista e quel settore della borghesia che finge di essere dalla parte dei lavoratori locali contro quelli stranieri.

Le nostre vere tradizioni

Il congresso di Stoccarda del 1907 fu il più importante della Seconda Internazionale. Si discusse di colonie, guerra, imperialismo, diritto di voto per le donne, sindacati e immigrazione. Non fu un caso: era su questi argomenti che l’opportunismo si stava palesando più chiaramente.

Al congresso la destra opportunista, proveniente principalmente dal Regno Unito, dagli USA e dalla Germania, parlò in difesa delle colonie in quanto forza civilizzatrice, contro una linea ferma sulla guerra, contro l’immigrazione dai paesi “troppo attardati nel loro sviluppo”, a favore di un sindacalismo “neutrale” ( leggi apolitico) e a favore di un compromesso sulla questione del diritto di voto alle donne, in particolare dando priorità al suffragio maschile su quello femminile. Alla fine la sinistra prevalse al voto.

Vale la pena riportare qualche dettaglio sulla questione dell’immigrazione dato che gli argomenti sollevati durante il dibattito furono molto simili a quelli ora avanzati da Nagle e McCluskey. Un delegato dal Partito laburista australiano di nome Trömer spiegò:

I capitalisti pertanto tentano di fare entrare più lavoratori asiatici per abbassare gli stipendi. I lavoratori bianchi stipendiati si organizzano velocemente fra loro e non permettono di abbassare le condizioni lavorative degli Australiani. Il Partito laburista australiano perciò desidera tener fuori taluni lavoratori che si ritiene non si adattino alle condizioni dei bianchi. Mi riferisco agli asiatici. [Io credo che ] queste politiche del Partito laburista Australiano non contraddicano il socialismo. [….] Naturalmente noi tutti desideriamo una generale fratellanza dei popoli, ma fino a che non la raggiungiamo dobbiamo occuparci dei lavoratori del nostro paese, cosicché non siano offerti in sacrificio ai capitalisti senza resistenza

La stessa impostazione venne espressa dal delegato americano Hillquit:

I capitalisti importano questo genere di forza lavoro, che per natura deve essere conveniente e in generale svolge il compito di crumiri inconsapevoli. Oggigiorno questa forza lavoro è cinese e giapponese, la razza gialla in generale. Non abbiamo assolutamente pregiudizi razziali contro i cinesi, ma dobbiamo prendere atto che sono totalmente non organizzabili. Un popolo può essere organizzato per la lotta di classe solo quando il suo sviluppo è sufficientemente progredito, quale è il caso dei Belgi e degli Italiani emigrati in Francia. Il Socialismo non può essere mero sentimentalismo. Siamo nel mezzo di uno scontro aperto fra Capitale e Lavoro, Chiunque si ponga contro la classe lavoratrice organizzata è nostro nemico. Vogliamo arrivare a una sorta di situazione di privilegio per i crumiri stranieri, che i lavoratori nazionali dovranno poi combattere? Se non prendiamo dei provvedimenti contro l’importazione di crumiri cinesi faremo fare un passo indietro al movimento operaio socialista”.

Con l’eccezione del linguaggio usato, abbiamo qui esattamente lo stesso fenomeno visto con Nagle e McCluskey. Sotto una copertura di fraseologia di lotta di classe e internazionalista, questi delegati invocavano attacchi ai diritti di specifici gruppi di lavoratori. Non i migranti in generale, certo ( cosa sarebbero gli USA senza gli immigrati ?), ma un particolare gruppo di lavoratori che erano cosiderati responsabili della riduzione dei salari.

Non è un caso che il gruppo che preoccupava in modo particolare i delegati americani fossero i migranti asiatici. Il parlamento USA aveva, solo cinque anni prima, reso permanente la legge per l’esclusione dei cinesi del 1882, la quale non solo impediva ulteriore immigrazione dalla Cina, ma tolse una serie di diritti ai migranti cinesi. Questa legge fu vergognosamente appoggiata dalla AFL come anche dal sindacato edili della California, e solo l’IWW, il sindacato più a sinistra, si oppose adessa. Su questo aspetto i delegati USA e Australiani si accodarono alla classe dominante americana.

Tra l’altro fu la seconda volta che dei delegati del Partito Socialista Americano ( PS ) sollevarono la questione. Al congresso di Amsterdam del 1904, Hilquit propose una mozione simile, invocando la fine della importazione di lavoratori dalle “razze arretrate”. Alla risoluzione si opposero gli altri delegati del PS e, come per la risoluzione del 1907, fu ritirata. Tuttavia la maggioranza del PS era completamente opportunista su questa questione, e giocò la carta dell’immigrazione nella campagna presidenziale di Debs del 1904, a dispetto della personale contrarietà di quest’ultimo alla mozione a Stoccarda.

A Stoccarda i delegati del Partito Laburista Socialista USA (guidato da Daniel DeLeon ) si oppose alla politica:

[L’oratore, Julius Hammer, critica] in particolare il terzo punto della mozione di Hillquit, che potenzialmente concede limiti all’immigrazione dei lavoratori Cinesi e Giapponesi. Questo è completamente non-Socialista. Un limite prefissato all’immigrazione deve essere respinto. Nulla del Socialismo può essere raggiunto attraverso un percorso legislativo in cooperazione con i partiti borghesi.[L’oratore fornisce diversi esempi] di quanto l’odio razziale acceca i lavoratori e li spinge alla violenza. I Giapponesi e i Cinesi possono essere organizzati molto bene. Non sono lavoratori così arretrati come sono statti descritti. Giungono a capire il capitalismo molto bene, e anche a capire come combatterlo.

Gli fecero eco i delegati Italiani:

Non si può combattere i migranti, ma solo gli abusi che sorgono dall’emigrazione. Il partito Italiano e i sindacati sono sempre consci di questo. Siamo contrari ai controlli all’emigrazione perché sappiamo che la frusta della fame che schiocca dietro i migranti è più forte di qualsiasi legge fatta dai governi

Essenzialmente questi argomenti si adattano a pennello alla situazione odierna. La posizione propugnata dagli opportunisti a quella conferenza è totalmente analoga alla posizione avanzata da chi oggi propone controlli all’immigrazione. La risoluzione che fu approvata al congresso di Stoccarda insisteva sullo stesso punto:

Il congresso non ricerca un rimedio attraverso stratagemmi politici o economici alle conseguenze potenzialmente imminenti per i lavoratori dall’immigrazione e l’emigrazione, perché sono sterili e reazionari per natura. Questo è particolarmente vero per la limitazioni alla migrazione e all’esclusione di razze o nazionalità straniere.

Invece che controlli alla migrazione, considerati “reazionari per natura”, la Seconda Internazionale propose una serie di misure atte a rafforzare il movimento operaio del paese ricevente:

1. Divieto di importazione e esportazione di quei lavoratori che hanno accettato un contratto che li priva del libero controllo sulla propria forza lavoro e salario.

2. Leggi a protezione dei lavoratori per la riduzione dell’orario di lavoro, introduzione di un salario minimo, abolizione dello Sweat System e regolamentazione delle ore di lavoro domestico.

3. Abolizione di tutte le restrizioni che impediscono a specifiche nazionalità o razze di stabilirsi in un paese o che le escluda dai diritti sociali, politici ed economici dei lavoratori nativi o che gli impedisca di esercitare questi diritti. Misure estensive per facilitare la naturalizzazione

In aggiunta fu deciso che i sindacati avrebbero dovuto rimuovere ogni impedimento all’iscrizione per i migranti, e di dare la massima importanza al loro coinvolgimento, così come a lavorare per fondare un movimento sindacale internazionale e rafforzare il movimento sindacale del paese da cui provengono i migranti.

Un programma internazionalista del genere rappresentava un aspro contrasto al provincialismo dei leader del movimento operaio dell’epoca.

È chiaro che il ruolo che giocano i lavoratori migranti nella società capitalista non è cambiato in modo significativo. C’è un tentativo costante da parte della classe capitalista odierna, così come quella di cento anni fa, di usare i migranti per tagliare i salari e peggiorare le condizioni di lavoro. Si può discutere di quanto successo abbia questa strategia, ma anche se si traesse la conclusione che i migranti sbaragliano la concorrenza della forza lavoro pre-esistente, non si deve giungere a sostenere il blocco alla migrazione. Piuttosto il contrario. Il ruolo dei sindacati e partiti politici deve essere di integrare e formare i lavoratori non organizzati per rafforzare il movimento operaio. Allora sarà possibile lottare contro tutte le discriminazioni e la differenziazione dei diritti fra migranti e non, includendo il diritto ai migranti di rimanere nel paese ospitante, indipendentemente dalla loro situazione lavorativa.

Lenin e la Terza internazionale

Non stupisce che Lenin fosse con la sinistra al Congresso di Stoccarda. Espresse preoccupazione per la crescita dell’opportunismo nel movimento operaio:

Questo voto sulla questione coloniale è di grande importanza. Primo, ha mostrato a sorpresa l’opportunismo fra i socialisti, che soccombono alle seduzioni della borghesia. Secondo, rivela una caratteristica del movimento operaio europeo, che può fare danni non piccoli alla causa proletaria, e per questa ragione deve ricevere una seria attenzione.”

La risoluzione sulla politica coloniale vinse con una ristretta maggioranza, con le nazioni più piccole a bilanciare il peso delle nazioni coloniali imperialiste. Egli attribuì la crescita dell’opportunismo all’imperialismo, qualcosa su cui tornò nel suo “Imperialismo: fase suprema del Capitalismo”. Fece le stesse affermazioni sulla questione dell’immigrazione:

“Qualche parola sulla mozione su emigrazione ed immigrazione. Anche qui, in Commissione c’è stato un tentativo di difendere ristretti interessi di bottega, di proibire l’immigrazione di lavoratori da Paesi arretrati (i coolie – dalla Cina ecc.). Questo è lo stesso spirito aristocratico che si trova tra i lavoratori in alcuni dei Paesi “civilizzati”, che traggono certi vantaggi dalla propria posizione privilegiata e sono, quindi, propensi a dimenticare la necessità della solidarietà di classe internazionale. Nessuno però al Congresso ha difeso questa ristrettezza di vedute corporativa e piccolo-borghese. La mozione approvata riflette appieno le rivendicazioni della socialdemocrazia rivoluzionaria.” (Il congresso dell’Internazionale Socialista di Stoccarda)

Lenin appoggiò la risoluzione e collegò l’opposizione alla conquista di diritti da parte dei migranti con il supporto all’imperialismo. Il suo atteggiamento su questo, come su tutto il resto, fu internazionalista. L’atteggiamento di un settore della classe lavoratrice nei paesi imperialisti era dannoso per tale unità. Come Lenin aveva asserito erano “inclini a trascurare la necessità della solidarietà di classe internazionalista”

Nel suo articolo del 1913 “Il capitalismo e l’immigrazione operaia”, fece affermazioni simili:

La borghesia aizza gli operai di una nazione contro gli operai di un’altra, cercando di dividerli. Gli operai coscienti, comprendendo l’inevitabilità e il carattere progressivo della distruzione di tutte le barriere nazionali operata dal capitalismo, cercano di aiutare a illuminare e a organizzare i loro compagni dei paesi arretrati.”

Nel 1915 ritorna ancora sull’argomento:

Nella nostra lotta per il vero internazionalismo e contro il “jingo-socialismo” (Il Jingoismo era una forma di sciovinismo estremo, ndt) citiamo sempre nella nostra stampa l’esempio dei leader opportunisti del P.S. in America, che sono a favore di restrizioni sull’immigrazione di lavoratori cinesi e giapponesi (specialmente dopo il Congresso di Stoccarda del 1907 e contro le decisioni di Stoccarda). Pensiamo che non si possa essere internazionalisti e allo stesso tempo a favore di queste restrizioni. E affermiamo che i socialisti in America, specialmente i socialisti inglesi, che appartengono alla nazione dominante e degli oppressori, che non sono contrari a qualunque limitazione dell’immigrazione, contro il possesso delle colonie (Hawaii) e per l’integrale libertà delle colonie, ebbene tali socialisti sono in verità dei jingoisti.”

La posizione di Lenin è più che chiara. Non può essere ammessa alcuna posizione a favore di restrizioni all’immigrazione. Queste posizioni sono “jingo-socialiste” e fondamentalmente contrarie a una politica internazionalista. Lenin chiarisce ulteriormente il proprio punto di vista sugli effetti positivi dell’immigrazione nello stesso articolo del 1913:

Non c’è dubbio che solo l’estrema povertà costringe gli uomini ad abbandonare la patria e che i capitalisti sfruttano nella maniera più disonesta gli operai immigrati. Ma solo i reazionari possono chiudere gli occhi sul significato progressivo di questa migrazione moderna dei popoli. La liberazione dall’oppressione del capitale non avviene e non può avvenire senza un ulteriore sviluppo del capitalismo, senza la lotta di classe sul terreno del capitalismo stesso. E proprio a questa lotta il capitalismo trascina le masse lavoratrici di tutto il mondo, spezzando il ristagno e l’arretratezza della vita locale, distruggendo le barriere e i pregiudizi nazionali, unendo gli operai di tutti i paesi nelle più grandi fabbriche e miniere dell’America, della Germania, ecc.

Il problema delle migrazioni deve essere affrontato dal punto di vista della classe lavoratrice internazionale. Le migrazioni, sebbene spesso possano essere traumatiche e tragiche per chi è costretto a compierle, giocano un ruolo storicamente progressista perché abbattono le barrire nazionali, i pregiudizi e le abitudini. Nel lungo periodo questo sviluppo porta a un rafforzamento della movimento nazionale ed internazionale della classe lavoratrice.

La Terza Internazionale al suo quarto congresso approvò una dichiarazione sulla questione dei lavoratori migranti. Nelle “Tesi sulla questione Orientale” si può leggere:

Dato il pericolo imminente, i partiti comunisti dei paesi imperialisti come l’America, il Giappone, l’Inghilterra, l’Australia e il Canada sono chiamati a non limitarsi unicamente alla propaganda antimilitarista, ma anche a compiere ogni sforzo per eliminare quei fattori che disorganizzano in quelle nazioni il movimento operaio e grazie ai capitalisti rafforzano lo sfruttamento dei contrasti fra nazionalità e razze.

Questi fattori sono: il problema dell’emigrazione e il problema della mano d’opera di colore a basso prezzo.

Il sistema contrattuale costituisce ancor oggi il metodo principale per il reclutamento dei lavoratori di colore nelle piantagioni di zucchero nella fascia meridionale dell’oceano Pacifico verso la quale vengono convogliati i lavoratori cinesi e indiani. Tale circostanza ha consentito ai lavoratori dei paesi imperialisti di esigere l’introduzione di leggi contro l’immigrazione e contro la mano d’opera di colore, sia in America sia in Australia. Sono leggi che acuiscono i contrasti tra i lavoratori bianchi e di colore spezzando o indebolendo l’unità del movimento operaio.

I partiti comunisti d’America, del Canada e dell’Australia debbono condurre un’energica campagna contro le leggi che impediscono l’immigrazione e devono chiarire alle masse proletarie di questi paesi che simili leggi, incoraggiando come fanno l’odio di razza, finiscono in ultima analisi col nuocere a loro stesse.

D’altra parte i capitalisti rinunciano a leggi contro l’immigrazione allo scopo di rendere possibile il libero afflusso di forze lavoratrici di colore meno pagate, per abbassare in tal modo i salari dei bianchi. Questo tentativo capitalistico di passare al contrattacco può essere sventato soltanto in un modo: gli immigranti devono essere accolti nei sindacati esistenti dei lavoratori bianchi. Nello stesso tempo si dovrà pretendere che la retribuzione dei lavoratori di colore sia pari ai salari dei bianchi.

Un passo del genere da parte dei partiti comunisti smaschererà le mire capitaliste e renderà nello stesso tempo evidente ai lavoratori di colore che il proletariato internazionale non ammette privilegi razziali.

Di nuovo, non si discute il fatto che i capitalisti tentino di importare lavoratori a basso prezzo, ma questo può essere “affrontato solo in un modo, i lavoratori migranti devono unirsi alle fila dei sindacati esistenti dei lavoratori bianchi”(mia enfasi). Domandare di livellare verso l’alto gli stipendi dei migranti “mostrerà le intenzioni dei capitalisti” e, non verrà mai sottolineato abbastanza “dimostrerà chiaramente” … “che il proletariato internazionale non permette alcun pregiudizio razziale.”

Antiimperialismo?

I sostenitori di sinistra dei “controlli all’emigrazione” occasionalmente la giustificano facendo riferimento alla solidarietà internazionale. Certamente la migrazione è un male per i paesi di partenza: non dovremmo piuttosto essere a favore di miglioramenti delle condizioni di vita in quei paesi? Questo ragionamento suona abbastanza ragionevole, ma la questione è come possiamo migliorare tali condizioni? Inoltre, dato il fatto che la classe lavoratrice non è al potere attualmente, quali rivendicazioni possono essere adatte a farci giungere a quel risultato?

Nonostante tutte le frasi ipocrite dei leader mondiali, ciò a cui tengono veramente innanzitutto sono i loro stessi interessi. Trump ha invocato barriere sia per le merci che per i migranti. Il vero scopo delle barriere protezionistiche alle merci è di esportare disoccupazione negli altri paesi. Lo stesso si applica ai migranti. Tenendo gli immigrati al di fuori dei confini, la classe dominante USA cerca di prevenire la stessa lotta di classe dal proprio paese, a spese, naturalmente, del Messico e dei paesi dell’America Centrale. Quindi la classe dominante USA prova ad usare lo stato messicano per sorvegliare il flusso dei migranti provenienti dall’America Centrale e scaricarlo in Messico. Si tratta della stessa politica, pur se meno esplicita, dei Democratici e della così-detta intellighenzia progressista. La stessa politica che l’UE ha adottato verso la Turchia. Questo è il modo in cui funziona l’imperialismo.

Con una dichiarazione ancor più scandalosa il commissario tedesco per l’Africa Günter Nooke ha proposto che i paesi europei affittino suolo africano allo scopo di costruire città che possano assorbire migranti e sviluppare l’economia, cioè un ritorno al colonialismo. Una proposta simile è giunta anche dal presidente reazionario dell’Honduras Lobos. Fondamentalmente si tratterebbe di una versione ancor più evidente di quanto già ora fanno le potenze imperialiste nelle Zone Economiche Speciali. Dietro a tutte le belle frasi a proposito di sviluppo, queste politiche non servono a nessuno se non a loro stessi.

Nell’immaginario collettivo, naturalmente, le organizzazioni di beneficenza e gli aiuti stranieri hanno lo scopo di aiutare le masse impoverite del mondo. In realtà tali organizzazioni principalmente si riempiono le proprie tasche e quelle degli ufficiali di governi corrotti in giro per il mondo. I lavoratori e i poveri devono accontentarsi di raccogliere le briciole. Al massimo gli enti di beneficenza rimediano ai danni compiuti dagli eserciti e dalle banche delle nazioni imperialiste.

Nagle correttamente suggerisce che le avventure militari USA siano uno dei maggiori responsabili dei flussi migratori. In effetti la destabilizzazione del Medio Oriente ha portato milioni di persone a perdere la propria casa e i mezzi di sostegno. Su questo siamo perfettamente d’accordo. Una pre-condizione deve essere una opposizione inequivocabile all’imperialismo USA.

Ma non è solo la guerra o la repressione politica a causare le migrazioni. Uno dei fattori che hanno contribuito alla carovana dei migranti è il prezzo del caffé. L’imperialismo ha reso dipendenti dall’esportazione del caffé molti dei paesi dell’America Centrale. Dal crollo del Real Brasiliano, i competitori del caffe brasiliano sono stati duramente colpiti. I 2 dollari al chilo pagati per i semi di caffé di qualità arabica non coprono nemmeno i costi di produzione. Non essendoci altre possibili fonti di occupazione, i contadini del caffé sono spinti all’emigrazione. Allo stesso momento aziende come Starbucks vende il caffé a 50 dollari al chilo. Questo è il ruolo che le multinazionali giocano nell’economia mondiale, e il loro contributo ai flussi migratori.

In realtà non ha senso parlare di un cambiamento delle condizioni nei paesi ex-coloniali senza mettere in discussione l’imperialismo e il capitalismo stesso. L’intera storia del 20° secolo mostra la futilità dell’anti-imperialismo senza l’anti-capitalismo e il socialismo. Precisamente dato che l’imperialismo è strettamente collegato al capitalismo, così la lotta contro l’imperialismo deve essere collegata a quella contro al capitalismo. Ogni altra proposta, in particolare proveniente dal movimento operaio, servirebbe solamente a dare una copertura a sinistra all’imperialismo. I lavoratori dei paesi imperialisti hanno bisogno di unirsi ai lavoratori dei paesi ex-coloniali in una lotta contro la propria borghesia imperialista. Questa è la vera solidarietà internazionale.

Un nuovo periodo

È una delle caratteristica dell’epoca attuale che il movimento dei lavoratori occidentale sia contaminato dalla nostalgia per il periodo precedente. Sotto la pressione dei tagli ai servizi pubblici e agli attacchi a stipendi e condizioni di lavoro, molti lavoratori rivolgono lo sguardo al passato, a un era di stabilità e prosperità. Un epoca dove i capitalisti e i sindacati si accordavano per aumenti salariali, e non per i tagli, e dove i partiti politici promettevano, e mantenevano, le riforme. Un tempo in cui la parola “riforma” significava miglioramento delle condizioni per la classe lavoratrice e non attacchi e tagli. Ma è un periodo passato che non tornerà.

La crisi non è dovuta ai migranti, né alle cattive idee (il “neoliberismo”), ma ai limiti del capitalismo stesso. Questo ha delle conseguenze. I riformisti e i leader sindacali cadono nella trappola di basare il loro approccio alle migrazioni sul numero di migranti che il capitalismo può accettare. Quanti migranti possono arrivare senza causare ripercussioni sui salari? Quanti migranti possono essere accettati nelle scuole, nelle case, negli ospedali ? Questo era sbagliato già negli anni ’50 e ‘60, ma è una logica disastrosa nell’epoca della decadenza del capitalismo. La risposta è che il capitalismo non può permettersi di mantenere i salari e le condizioni di lavoro attuali, che ci siano i migranti oppure no. Chiudere le frontiere, o persino espellere i migranti, non cambia in modo fondamentale questo fatto. Sarebbe come provare a dissetarsi con l’acqua salata.

La realtà del capitalismo dell’epoca attuale è che ci sono i soldi per fornire alloggi, scuole etc per tutti i rifugiati del mondo, ma sono in mani private. Le risorse per provvedere ad un tenore di vita decoroso per tutti gli abitanti della terra esistono, ma sono concentrate nella mani di un piccolo pugno di miliardari e multinazionali. E questa disuguaglianza può solo peggiorare.

Il nostro programma non è ottenere un equilibrio e un compromesso con la classe borghese, che sarebbe pagato solo dalla classe lavoratrice, migrante o non. Il nostro programma deve essere unire i lavoratori al di là delle barriere per la difesa delle condizioni di vita e di lavoro, contro i tagli e per la rivoluzione socialista. La risoluzione approvata al congresso di Stoccarda della Seconda Internazionale contiene precisamente gli aspetti più importanti: difesa degli accordi collettivi per le condizioni di lavoro e stipendi, lotta per migliorare le condizioni di tutti i lavoratori, la parificazione dei diritti fra lavoratori migranti e non, compresi il diritto di permanenza, salute, alloggi, benefit sociali, ecc. Inoltre dobbiamo insistere a costruire legami internazionali fra i sindacati e a rafforzare i legami fra le organizzazioni di classe nel mondo. Questo genere di approccio sarà la miglior difesa delle condizioni della classe lavoratrice, contro gli attacchi furibondi della classe dominante, ma anche la migliore preparazione per una rivoluzione socialista mondiale.