Pakistan: le masse travolte da alluvioni e piogge mentre chi è al potere non rinuncia al saccheggio

Il Pakistan è devastato da alluvioni e piogge torrenziali, mentre anche in questo periodo di disastri e sofferenza la classe dominante continua a derubare le masse impoverite. Si calcola che circa un terzo del Paese sia stato travolto dalle alluvioni e dalle piogge degli ultimi tre mesi, colpendo 33 milioni di persone. Circa 1 400 persone sono morte e si parla di 4 000 feriti, secondo dati governativi. Gli ultimi dati parlano di 482 030 sfollati e 372 823 edifici distrutti.

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Questi numeri danno solo una fotografia limitata della situazione. La devastazione reale è molte volte più grande: le autorità statali non sono in grado di accertarne l’entità per via della loro incompetenza e corruzione. Secondo alcuni rapporti indipendenti, al momento circa dieci milioni di persone sono in condizione di fame acuta, sprovvisti di cibo e acqua. Molti non mangiano da più di una settimana e devono percorrere lunghe distanze, fino a cento chilometri, a piedi nudi per mettersi in salvo.

La devastazione ha avuto inizio a metà giugno, quando ampie aree del Balochistan e parti del Punjab del Sud sono state colpite da acquazzoni e dallo straripamento dei torrenti collinari. La classe dominante, però, era occupata con i suoi scontri interni e i suoi giochi di potere, pertanto tutto il problema è stato ignorato. L’attenzione dei media, dei politici e delle istituzioni statali era presa dalla compravendita dei deputati e altre simili attività volte a mettere le mani sul potere. A nessun livello il governo si è preso la briga di discutere le sofferenze delle popolazioni colpite dalle alluvioni.

L’attuale governo guidato da Shahbaz Sharif, Bilawal Bhutto Zardari e altri era concentrato nel rimuovere il partito di Imran Khan dalle assemblee provinciali, stringendo così la presa sul potere. Nel frattempo Imran Khan stava sfruttando il proprio seguito per tornare al potere a tutti i costi. Nel mezzo di questa lotta per il potere, gli alluvionati stavano vivendo un incubo, senza cibo né riparo, sottoposti ad acquazzoni e ondate di malattie virali. Le piogge stavano anche devastando centri urbani come Karachi e Hyderabad, dove il sistema di drenaggio era al colmo e le città erano ormai inondate d’acqua. La fornitura di energia elettrica è stata interrotta per molte ore al giorno. La gente ha dovuto sopportare queste orribili condizioni con livelli estremi di caldo e umidità, mentre le classi dominanti continuavano a vivere nel lusso più sfrenato, continuando nelle loro cospirazioni. Ci sarebbe stato tutto il tempo di prendere misure precauzionali contro le piogge in arrivo e lo straripamento delle acque alluvionali nei fiumi. Ma nulla è stato fatto. Nemmeno un trafiletto sui media mainstream. Questi ultimi erano troppo occupati a seguire le assemblee pubbliche nelle quali Imran Khan pregava il capo dell’esercito e gli altri generali di riportarlo al potere, come avevano fatto nel 2018. Le dighe, i canali e altre infrastrutture del Pakistan erano già al collasso a causa dei giganteschi tagli alla spesa degli ultimi anni, nonché per deviare denaro alla spesa militare o per ripagare i prestiti e gli interessi del FMI e della Banca mondiale. Una ricetta che poteva solo portare alla rovina.

Corruzione sui letti dei fiumi

La situazione è peggiorata fra la fine di luglio e i primi di agosto con l’innalzamento dei fiumi a livelli di pericolo, mentre anche i torrenti collinari sfuggivano al controllo. Fra le cause principali della devastazione c’è l’edilizia abusiva portata avanti negli anni recenti lungo l’alveo dei fiumi. Le amministrazioni locali, con la connivenza dei loro funzionari, politici locali e ufficiali militari, hanno permesso di costruire in aree che fanno parte dei corsi naturali dei fiumi e dei torrenti collinari.

Per esempio, lungo la via dei torrenti collinari che scendono dalla catena di Koh-e-Suleman nel Punjab del Sud, operavano molte piccole cave di pietra per rifornire l’industria edile. Anche nella valle di Swat, nel nord del Pushtoonkhwa, sul letto del fiume sono stati edificati numerosi hotel e ristoranti, ora spazzati via dalle alluvioni. Molti lavoratori rurali sono stati a loro volta costretti a insediarsi lungo gli alvei perché non avevano altro luogo dove vivere. Il governo non è stato in grado di fornire loro alcuna soluzione abitativa alternativa, perciò hanno continuato a risiedere in zone pericolose a rischio alluvione.

Le alluvioni incontrollate hanno anche distrutto migliaia di villaggi, i cui abitanti sono ora senzatetto che vivono a cielo aperto ai margini delle strade principali, senza cibo né acqua.

Nei pressi di Gilgit, nel nord, le acque straripanti dai ghiacciai sciolti hanno devastato molti ponti e inondato i piccoli villaggi. La strada principale KKH, che connette Gilgit al resto del Paese, è stata danneggiata in più punti, tagliando fuori l’area e limitando il rifornimento di beni essenziali come il grano e il carburante.

Anche il Kohistan è stato pesantemente colpito. Zona a sud di Gilgit, fa parte della provincia del Pushtoonkhwa, dove il PTI (Movimento per la giustizia) di Imran Khan governa da nove anni. L’alluvione ha distrutto numerosi villaggi. È diventato virale il video di un incidente in cui cinque fratelli sono rimasti bloccati per cinque ore su una roccia nel mezzo di un fiume in piena. Le autorità locali o il governo provinciale, però, non li ha salvati, nonostante svariati appelli. Alla fine sono annegati tutte e cinque dopo una lotta disperata ripresa sul cellulare. Contro il governo si è scatenata l’indignazione pubblica, perché avrebbe potuto usare l’elicottero a sua disposizione, che però in quel momento era usato da Imran Khan stesso per i suoi spostamenti verso le assemblee pubbliche.

Sono state colpite anche la valle di Swat, Dir e altre zone del Pushtoonkhwa. Devastate le città di Nowshehra e Charsadda. Circa 1,2 milioni di persone sono state colpite a Nowshehra dopo la rottura della diga di Munda: i residenti sono stati evacuati d’emergenza, lasciando case ed effetti personali all’alluvione.

Il Punjab del Sud è stata una delle regioni più colpite: sono state alluvionate vaste aree da Rojhan a Taunsa, e migliaia di villaggi sono stati sommersi lungo la valle del fiume Indus. La cittadina di Fazilpur, nel distretto di Rajanpur, è finita quasi completamente sott’acqua, interessando le centinaia di migliaia di persone che vivono nella zona. Sono state danneggiate le strade principali, separando intere aree dal resto del Paese e rendendo le attività di salvataggio quasi impossibili.

Finora l’area più colpita è stata quella di Sindh, nel sitretto di Dadu, dove le cittadine di Johi e K.N.Shah sono state totalmente divorate da acque che hanno colpito l’intera popolazione. L’amministrazione locale ha ora dovuto aprire il lago di Manchar per salvare le grandi città, ma al costo di rovinare almeno 40 000 villaggi, finiti sotto l’alluvione.

Nel Balochistan, molti distretti sono stati completamente distrutti. Intere aree, da MusaKehl a Naseerabad, sono ancora sommerse dall’acqua e la popolazione vive all’aperto senza cibo né acqua. A un certo punto è stata colpita Quetta, la più grande città della provincia, finendo tagliata fuori dal resto del Paese perché l’alluvione aveva interessato anche strade e ferrovie. Sono cadute anche le linee telefoniche e internet.

Piogge e alluvioni hanno demolito centinaia di migliaia di case fatte di fango da persone che non potevano permettersi vere abitazioni. Circa 5 000 chilometri di strade e almeno 145 ponti hanno riportato danni, complicando le attività di soccorso. Secondo un resoconto sono state danneggiate o distrutte 17 650 scuole, insieme a migliaia di strutture mediche di base e ospedali.

Un rapporto del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) parla di 650 000 donne incinta colpite dalle alluvioni, delle quali 73 000 dovrebbero partorire entro un mese.

Raccolti e bestiame spazzati via

In tutto il Paese gli allevamenti sono stati devastati. Erano la principale fonte di alimentazione per milioni di persone. Secondo resoconti iniziali, circa un milione di animali è rimasto ucciso, ma la stima è fortemente al ribasso. Il danno reale sarà di gran lunga superiore.

Le alluvioni hanno anche spazzato via le coltivazioni in più parti del Paese. L’ONU stima due milioni di acri di coltivazioni e frutteti colpiti. Nel Punjab, dove solo sei distretti sono stati colpiti dall’alluvione, si parla di 1,3 milioni di acri, dei quali 744 998 erano maturi e pronti per il raccolto.

I raccolti colpiti erano di cotone e riso, oltre a canna da zucchero e altri. Milioni di contadini e lavoratori agricoli sono stati colpiti in via diretta e i loro magri averi spazzate via dal fiume. Potrebbero volerci decenni per riprendersi, anche se c’è da dubitarne. Il settore agricolo in Pakistan aveva già numerosi problemi, a partire dalla riduzione dei raccolti a fronte di alti costi di produzione, che spingono ampie quantità di contadini verso la bancarotta. L’alluvione ha ora distrutto quel che restava del loro reddito. Anche una questione basica come demarcare la terra una volta che le acque recederanno sarà un compito arduo vista l’incompetenza e la corruzione governative. Pertanto resterà irrisolta. È minacciata anche la semina per la prossima stagione, che sarà limitata. Più tempo ci vuole perché l’acqua si ritiri, più sarà ritardata la prossima semina, perlopiù di frumento. Per non parlare delle difficoltà per acquisire le risorse finanziarie necessarie a procurarsi i semi e altri strumenti essenziali per la semina.

La crisi si è aggiunta alle pene già sofferte dalle masse su scala nazionale con l’aumento vertiginoso dei prezzi dei prodotti agricoli. Il prezzo delle cipolle e dei pomodori al mercato, per esempio, si è impennato. In Pakistan l’inflazione ha superato il 27% ad agosto, mai così alta da 49 anni. L’impatto dell’alluvione non è ancora stato quantificato. Il Sensitive Price Index, che calcola l’inflazione sui beni alimentari e sui carburanti su base quotidiana, ha superato il 45% ed è in aumento. Si può sospettare che i dati ufficiali mentano sulla situazione reale, perciò possiamo essere certi che la vera inflazione, specie sui beni alimentari, sia ben più alta.

L’alluvione ha aggravato la crisi sanitaria in Pakistan, diffondendo malattie come il colera, la malaria, la dengue e la diarrea tra le vittime del disastro. Ci sono milioni di contagi. Secondo il governo del Sindh soltanto ad agosto si sono registrati quasi 200 00 casi di diarrea acquosa acuta e dissenteria tra i bambini delle zone alluvionate. Stando a un articolo del quotidiano Dawn, le malattie si stanno anche diffondendo nelle zone alluvionate del Punjab:

Muhammad Asadullah Shahzad, portavoce del segretario alla sanità del Punjab del Sud, sabato ha detto che i bambini con la diarrea e ricoverati presso i campi ospedale sono 18 854 (10 201 a Rajanpur e 8 653 a DG Khan). Ha aggiunto che si teme un incremento dei pazienti.

“Almeno 35 114 persone hanno problemi cutanei e 20 064 persone lamentano febbre, ha detto. A suo parere sono in aumento anche le infezioni agli occhi visti i 2 437 pazienti nei distretti di Dera Ghazi Khan e Rajanpur.

“Secondo il portavoce, è allarmante che 42 958 alluvionati abbiano problemi respiratori.

E ancora:

… i dati raccolti coprono un mese e mezzo – dal 15 luglio al 2 settembre.

“Mercoledì a Rajanpur sono stati riferiti almeno 570 casi di diarrea.

“La fame è un’altra minaccia per le persone colpite; si sono verificati casi di furti di cibo.

I mercati sono sempre pronti a sfruttate eventi catastrofici come questo. Accumulare medicine ed equipaggiamenti medici essenziali porta inevitabilmente a un ulteriore aumento dei prezzi. Sono già esplosi i prezzi delle tende e di altri oggetti essenziali per gli alluvionati, rendendo molto più difficile trovarli. Il governo e le altre agenzie regolatorie stanno soffocando sotto la corruzione e sono in combutta con accaparratori e terzisti che stanno usando questa tragedia per estrarre ulteriori profitti.

In Pakistan già l’80% della popolazione non ha accesso a strutture mediche. Le alluvioni hanno distrutto quel poco che esisteva. Questa tragedia aggiunge alla sofferenza delle masse il danno alla beffa. Tutta la responsabilità ricade sulla classe dominante del Pakistan. La situazione sanitaria del Paese era già atroce, ora si è persino aggravata. Il Pakistan è uno dei Paesi con la più alta prevalenza di ritardo della crescita al mondo, riguardante il 38% dei bambini sotto i cinque anni di vita. A Sindh il numero sale fino al 50%.

Il Paese è anche il secondo al mondo per epatite B: 8 milioni di persone, il 5% della popolazione, ne sono affette. Dopo una pausa di 15 mesi sta tornando anche la poliomielite: 17 i casi registrati fino a settembre. Il danno fatto è irreparabile. Le malattie si diffondono anche tra animali e bestiame, uccidendone ancora altri. Anche prima delle alluvioni tra i bovini imperversava la dermatite nodulare contagiosa. Ora si sta diffondendo in molte altre parti del Paese.

Solo un cambiamento rivoluzionario può mettere fine a questo incubo per i milioni di lavoratori piombati in questo inferno.

Crisi economica

Il Pakistan si trova già in una acuta crisi finanziaria. Lo scorso mese era sull’orlo del fallimento. Sulla scia dell’economia srilankese, le riserve estere del Pakistan erano cadute a uno dei livelli più bassi, mentre la moneta veniva svalutata a rapido ritmo. Come già detto, l’inflazione ha toccato il 27,3% ad agosto, un record in 49 anni. A luglio la rupia pakistana ha perso più del 14% del suo valore – il dato peggiore dal 1989.

Nello scorso anno fiscale, finito a giugno, la valuta aveva già perso il 30% del suo valore, una tendenza in crescita. Nonostante la ripresa del pacchetto FMI dopo un patto col diavolo siglato dalla classe dominante pakistana, Fitch ha comunque abbassato l’affidabilità creditizia del Paese da “stabile” a “negativa”. Su istruzione dell’FMI il peso della crisi è stato scaricato sulle masse, con impennate senza precedenti dei prezzi dell’energia e del carburante e aumenti vertiginosi delle tasse.

Tuttavia gli industriali, i banchieri e gli accaparratori si godono ancora sussidi di oltre 3-4 miliardi di rupie all’anno, per non parlare degli sgravi fiscali sempre più grandi che vengono loro offerti. Le tasse sui profitti aziendali vengono praticamente annullate alla fine dell’anno grazie a una serie di misure, ma se anche così non fosse il governo non sarebbe in grado di riscuoterle a causa della corruzione e delle dichiarazioni al ribasso. Il Pakistan ha uno dei rapporti tasse/PIL più bassi al mondo, attorno al 10%. Circa l’80% delle entrate arrivano tramite la tassazione indiretta, soprattutto sul carburante e l’energia, che colpisce la classe lavoratrice ben più dei ricchi.

Nel frattempo le spese per la difesa sono in continuo aumento, fonte delle commissioni e delle tangenti per i generali coinvolti nell’acquisto di armi dalla Cina e altrove. Il complesso militare industriale, che comprende settori produttivi dal cemento ai fertilizzanti, dai cereali all’immobiliare, continua a essere del tutto esentasse e destinatario di sussidi governativi. Il peso della crisi è caduto completamente sulle spalle delle masse sofferenti, e la rapina da parte dei ricchi continua impunita.

Le alluvioni hanno ora aggravato la situazione. Si stimano perdite economiche per l’ammontare di 10 miliardi di dollari. Ciò causerà una crescita del PIL più bassa rispetto alle aspettative per quest’anno. Milioni di lavoratori si troveranno perciò alle prese con la disoccupazione. Il tasso di crescita del PIL sarà – 2% per quest’anno fiscale, contro l’obiettivo del 5%, mentre l’inflazione è su una media del 20-25%. Tuttavia c’è il potenziale che la situazione peggiori di gran lunga nei mesi a venire. Il sospiro di sollievo dal rischio di default potrebbe rivelarsi temporaneo, nonostante la ripresa del pacchetto FMI dopo un ritardo di sei mesi.

Pur essendo un Paese agricolo, il Pakistan deve importare grano, cotone, zucchero, olio di palma e altri prodotti alimentari essenziali a causa della corruzione della classe dominante, che ha distrutto il settore primario. Contrabbandieri e accaparratori, in connivenza con i funzionari governativi, ricorrono a vari metodi per trarre enormi profitti dall’esportazione di svariati beni di prima necessità, creando così penurie artificiali di questi stessi beni nel Paese. La produzione annuale di numerosi prodotti non è cresciuta abbastanza da intercettare la domanda, per via della mancanza di interesse da parte della classe dominante. Così, dietro il pretesto di queste penurie, il governo dà il via libera alle importazioni, che non solo causano allo Stato gigantesche perdite per quanto riguarda le riserve valutarie, ma determinano anche prezzi molto pesanti per i consumatori. L’attuale crisi risultante dalla distruzione delle colture essenziali verrà usata dagli avvoltoi della classe dominante per sfruttare ulteriormente la situazione nel proprio interesse.

I governanti al potere guardano ora gli aiuti esteri per soccorrere gli alluvionati, e per l’ennesima volta implorano Stati e donatori di aiutarli a uscire da questa terribile situazione. Ma ormai tutto il mondo vede la corruzione della classe dominante e i saccheggi che ha perpetrato. C’è pertanto una certa riluttanza a fornire gli aiuti. Anche se vari Stati e donatori hanno annunciato delle piccole donazioni, gran parte di questo aiuto rimpinguerà le casse dei potenti e si perderà nella corruzione e nelle ruberie della macchina statale. Nel frattempo le vittime delle alluvioni saranno lasciate a morire di fame e malattia.

Le tragedie delle alluvioni delle 2010 e del terremoto del 2005 sono ancora fresche nella memoria di molti, che ricordano il vero e proprio saccheggio degli aiuti esteri da parte della classe dominante all’epoca. Gli aiuti erano diventati niente più che un’occasione di arricchimento per chi era allora al potere. In un incidente, giunta a Islamabad per portare aiuto alle vittime delle alluvioni del 2010, la star di Hollywood e rappresentante ONU Angelina Jolie rimase scioccata dallo scoprire che avrebbe passato la maggior parte del suo tempo nei lussuosi palazzi della capitale, servita e riverita con cene sontuose, mentre le famiglie dei ministri e dei burocrati più potenti sgomitavano per farsi una foto con lei. Le signore e i signori di queste serate vestivano abiti e gioielli dal valore di milioni di rupie e passavano il tempo a ridere e scherzare. Nel comunicato che rilasciò allora, Angelina Jolie dovette ammettere che a quelle feste era come se le alluvioni non esistessero, anzi, il clima era festoso!

Oggi la situazione non è diversa. Leader politici, generali, giudici e facoltosi burocrati continuano a vivere nel lusso più sfrenato, mentre le masse continuano a soffrire. È tutta gente che fa appello alle persone comuni perché aiutino gli alluvionati, ma nessuno di loro ha tirato fuori un centesimo dalle proprie tasche.

In uno dei suoi discorsi, l’ex primo ministro Imran Khan ha persino dichiarato che le alluvioni saranno di aiuto per l’economia, e che questa tragedia produrrà un boom economico l’anno prossimo. Anche l’Esercito sta sfruttando l’occasione per darsi una riverniciata agli occhi delle masse. Ingenti risorse vengono catalizzate in una campagna pubblicitaria volta a mostrare l’Esercito che soccorre le vittime. In varie città l’Esercito ha anche istituito punti di raccolta per raccogliere beni di prima necessità per gli alluvionati, mentre la spesa militare e per le vite lussuose dei generali vanno avanti come se niente fosse. In realtà gran parte dei soccorsi sono stati condotti da persone appartenenti alla classe lavoratrice, che si sono fatte avanti, persino nel mezzo di un disastro economico, per cercare di aiutare le vittime dell’alluvione al limite delle proprie capacità. Ma possono fare pochissima differenza, data l’entità della catastrofe. Solo un’azione combinata a livello statale potrebbe avere salvato le vite e i mezzi di sussistenza di queste persone. Tuttavia, non c’è speranza dentro i confini di questo draconiano sistema capitalista.

Emergenza climatica

Tra le ragioni principali delle alluvioni ci sono il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici, che hanno moltiplicato la devastazione causata dai saccheggi e dalle rapine della classe dominante. Quest’anno ci sono state precipitazioni senza precedenti, ad agosto circa il 190% al di sopra della media registrata negli ultimi trent’anni. Nel Sindh le piogge sono state superiori del 466% rispetto agli anni precedenti.

Lo scioglimento dei ghiacciai ha contribuito ad aggravare la catastrofe. Il Pakistan è il Paese al di fuori delle regioni polari con il più alto numero di ghiacciai sulla Terra: 7 253. In un rapporto del 2011 è stato calcolato che lo scioglimento dei ghiacciai nel primo decennio di questo secolo è stato più rapido del 23% rispetto al decennio precedente. All’epoca era anche il ritmo di scioglimento più rapido al mondo. Da allora le cose sono peggiorate ulteriormente. Il Pakistan è fra i cinque Paesi maggiormente interessati dal cambiamento climatico, pur avendo contribuito per appena l’1% alle emissioni globali di carbonio.

Sono ormai anni che la popolazione avverte l’impatto del cambiamento climatico e questa catastrofe era già stata predetta. Quest’anno l’ondata di calore è stata persino peggiore degli anni precedenti, con temperature che hanno raggiunto i 50 gradi celsius ad aprile – il record per quel mese. Le ondate degli ultimi anni sono inoltre state letali, lasciando centinaia di morti, soprattutto a Karachi. Quella di quest’anno è stata persino peggio, le temperature sui picchi dell’Himalaya hanno superato record secolari a marzo ed aprile, causando lo scioglimento di ancora più ghiacci. Chi vive nelle pianure deve subire queste ondate di calore estremo senza elettricità o accesso all’acqua potabile, il che causa migliaia di vittime.

Il cambiamento climatico ha inoltre cambiato la fisionomia dei monsoni, oggi più intensi del passato, portando a maggiori precipitazioni di anno in anno. Anche le tempistiche delle stagioni sono cambiate a causa di questi mutamenti climatici. Per gli anni a venire possiamo aspettarci alluvioni ancora più devastanti insieme a ulteriori cambiamenti stagionali, accompagnati da disastri ancor più distruttivi.

Un altro impatto regolare del cambiamento climatico negli ultimi anni è costituito dallo smog, che d’inverno avvolge la maggior parte dei centri urbani. L’Indice della qualità dell’aria, in condizioni normali, dovrebbe essere intorno a 50-100. Se è superiore, l’aria è considerata inquinata. D’inverno il registro sale a 700-800 a Lahore e in altre città: sono i livelli più alti al mondo, con conseguenze sul sistema respiratorio e causa di svariate malattie.

Il governo cerca di ignorare queste letture o di metterne in dubbio l’autenticità. L’anno scorso un giudice dell’Alta Corte di Lahore ha stabilito che lo smog viene dai ristoranti di barbecue in città, e che pertanto questi ultimi devono essere monitorati per migliorare la qualità dell’aria. Benché rifletta l’appetito del giudice e di altri funzionari nell’ottenere qualche cena alla griglia gratis come forma di tangente da parte di questi ristoranti, la decisione è inutile per migliorare le condizioni di vita delle masse. A essere responsabili di questo inquinamento sono le nuove fabbriche alimentate a carbone d’importazione cinese e le emissioni automobilistiche, ma il governo non è capace di verificare questi fattori.

Il Paese sta subendo inoltre una massiccia deforestazione, che vede ufficiali dell’esercito e amministratori locali agire in combutta con la mafia del legname per distruggere l’ambiente. Il Pakistan è secondo in Asia per tasso di deforestazione. Lo supera solo l’Afghanistan. Solo il 2% del territorio è ricoperto da foreste, mentre la percentuale raccomandata è il 25%. Solo quest’anno si sono registrati oltre 200 incendi boschivi nella sola provincia del Pushtoonkhwa, devastando ampie aree. Questi incidenti sono stati in parte dovuti all’ondata di calore e in parte alla corruzione dei funzionari forestali e alle operazioni di contrabbando del legname gestite dalla mafia.

Una storica foresta di pini nel distretto di Sherani nel Balochistan è stata parzialmente distrutta da un incendio a maggio di quest’anno – disastro che si sarebbe potuto evitare se le operazioni di spegnimento fossero state avviate in tempo. L’incendio ha distrutto 14 000 acri di foresta in tre settimane, uccidendo tre persone. Il Pakistan, che si fa vanto del proprio arsenale nucleare, non aveva nemmeno un aereo d’emergenza per spegnere l’incendio e ne ha dovuto affittare uno dal vicino Iran. Molti altri incidenti di portata minore hanno avuto luogo a Swat e nelle zone circostanti, distruggendo le aree forestali già di per sé in diminuzione.

Insieme alla sua incapacità di fermare la deforestazione, il governo non è stato in grado di costruire riserve idriche e ha ridotto il budget per i sistemi di irrigazione, portando al collasso dell’infrastruttura. Nelle recenti alluvioni sono state distrutte più di 21 dighe minori nel Balochistan, a causa della bassa qualità con cui sono state costruite e della corruzione. Allo stesso modo, l’interramento sta rendendo canali e dighe inutilizzabili e non ci sono nuovi progetti in vista per sostituirle. Quest’anno, in estate, gli agricoltori lamentavano la mancanza di acqua per le coltivazioni per effetto del ritardo delle piogge e del prosciugamento dei fiumi, motivo per cui hanno dovuto ritardare la semina. Ora, a pochi mesi di distanza, la situazione si è capovolta.

Guardando lo stato dell’economia e delle infrastrutture del Pakistan, l’impatto di questo disastro si moltiplicherà nelle settimane e nei mesi a venire. Sono previste ancora più piogge a settembre e gran parte delle infrastrutture è prossima al collasso. Lo Stato pakistano non ha la capacità di ricostruirle, né di salvare i milioni che sono stati colpiti dalle alluvioni e dalle piogge, i quali saranno lasciati a morire nelle peggiori condizioni.

Secondo vari rapporti sono decine di milioni le persone che rischiano fame e sete acute in questo momento. Mancano persino le risorse per raggiungere queste persone. E non parliamo del problema di rifornirle con sufficienti approvvigionamenti alimentari, ripari e vestiario. Molti hanno incontrato le squadre di soccorso senza cibo da più di una settimana e dopo aver camminato per centinaia di chilometri per raggiungere la terra secca. In molte località i corpi sono lasciati a galleggiare nell’acqua perché non ci sono punti asciutti dove seppellirli. I cadaveri degli animali sono ancora più numerosi e contribuiscono al diffondersi delle epidemie.

La classe lavoratrice del Paese ha espresso la sua piena solidarietà con gli alluvionati ed ha dato prova di grande generosità verso i soccorsi. C’è però totale sfiducia verso la classe dominante e nessuno si aspetta miglioramenti da questi sporchi avvoltoi pieni di soldi. Contro la classe dominante covano rabbia e furore, e qualsiasi incidente di poco conto nel prossimo futuro potrebbe essere la miccia che le farà esplodere. È del tutto possibile che ci sarà un movimento di massa contro i saccheggi e le ruberie della classe dominante, movimento in grado di abbattere il potere di questi mostri assetati di sangue.

I compagni della TMI stanno proponendo alla classe lavoratrice un programma concreto per sbarazzarsi di questo sistema capitalista coperto di sangue. Il Red Workers Front ha lanciato in tutto il Paese una Campagna di protesta e solidarietà per le vittime delle alluvioni, sostenuta dalla Progressive Youth Alliance. Ci sono state proteste a Karachi, D.G. Khan e altre città contro la natura spietata e i crimini della classe dominante. Nelle città sono stati aperti campi per raccogliere generi di soccorso e fondi per le vittime.

Ai campi si sono uniti vari dirigenti sindacali e lavoratori, che hanno mostrato la loro generosità nonostante la difficile situazione economica. Nei prossimi giorni ci saranno nuove proteste, tra cui una a Islamabad contro la suddetta brutalità, e verranno aperti più campi di soccorso per raccogliere beni di prima necessità e fondi da inviare alle aree colpite.

Solo una rivoluzione socialista può mettere fine a questa miseria una volta per tutte e ricostruire tutta la società su basi moderne, in cui cibo, vestiario, casa, salute ed istruzione verranno garantiti a tutti dallo Stato, e tutte le risorse del Paese verranno poste sotto il controllo democratico della classe lavoratrice. Anziché arricchire l’1% che governa il Paese, verranno usate a beneficio di tutta la popolazione.

Dopo una rivoluzione socialista sarebbe anche possibile gestire il cambiamento climatico, dal momento che è il capitalismo la causa principale di questo disastro. Il cambiamento climatico dimostra che combattere questo scempio è compito non dei lavoratori di un solo Paese, ma di tutto il mondo. Solo con la solidarietà tra i lavoratori di tutti i Paesi sarà possibile invertire la catastrofe che sta affliggendo il pianeta. Senza un cambiamento rivoluzionario il sistema capitalista continuerà a distruggere la Terra e milioni di persone continueranno a patire indigenza e miseria.

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