Nemici su tutti i fronti: Zelenskij usa la guerra per attaccare i diritti dei lavoratori

Mentre milioni di ucraini vivono in rovina, come conseguenza dell’invasione russa, il parlamento dell’Ucraina ha accelerato l’approvazione dei tagli ai diritti dei lavoratori più micidiali che la storia del Paese ricordi. Il 1° luglio alla Rada è passata la legge #5371, che – tra le altre cose – aumenta la settimana lavorativa a 60 ore e permette ai padroni con meno di 250 dipendenti di licenziare i lavoratori in caso di danneggiamenti alle proprietà causati da attività militari, o di assenza dal lavoro per un periodo superiore a quattro mesi. Questa legge ha seguito a ruota altre che hanno limitato i diritti sindacali, legalizzato i contratti a zero ore ed eliminato l’obbligo di corrispondere i salari dei lavoratori mobilitati nelle forze armate.

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Oggi poi il consigliere economico del presidente ucraino, Alexander Rodnjanskyj, ha detto che al Paese occorre “creare le basi per una rapida crescita economica”, insieme al proseguimento dello sforzo bellico. A questo fine ha proposto una serie di “riforme” per “rilanciare” (leggi demolire) la legislazione sul lavoro e privatizzare migliaia di aziende statali. La sua proposta prevede “liberalizzazioni” fatte di “flessibilità in entrata, in uscita, nelle liquidazioni, negli orari, nei contratti e contratti a termine”. Rodnjanskyj ha anche ventilato di cancellare il salario minimo in alcuni settori, ridurre le ferie pagate e svendere le risorse statali. In breve la sua proposta consiste in una serie di attacchi alle condizioni di vita e ai salari dei lavoratori.

Questo smaschera la vera natura del governo ucraino, servo degli interessi della classe capitalista, tanto di un settore della tradizionale oligarchia ucraina quanto del capitale internazionale, che già pregusta l’occasione di realizzare profitti sulla pelle della classe operaia ucraina dopo la guerra.

Zelenskij e il partito “Servitore del Popolo”

Come abbiamo avuto modo di spiegare a seguito delle elezioni presidenziali e parlamentari del 2019, il partito Servitore del Popolo (SN) si aggiudicò la maggioranza principalmente grazie al voto anti-Poroshenko: contro il nazionalismo di Poroshenko, la continuazione della guerra nel Donbass e la situazione economica in generale peggioramento. Tecnicamente, Zelenskij e molti deputati parvenu di Servitore del Popolo non avevano preso parte a nessun precedente governo guidato dagli oligarchi. Ma una casa che cade a pezzi non si può riparare con una semplice riverniciata. La struttura del capitalismo ucraino è rimasta immutata. Le politiche del governo Zelenskij sono state la continuazione di quelle dei governi di destra post-Euromaidan di Poroshenko.

Buona parte del successo della sua carriera Zelenskij la deve ai suoi stretti legami con la cricca dell’oligarca Kolomoiskij, il cui impero mediatico ha prodotto i suoi spettacoli televisivi. Tuttavia, come è diventato presto evidente, Kolomoiskij non era il solo ad esercitare una certa influenza su Zelenskij e SN. Già prima delle elezioni era cominciato il riavvicinamento con l’ambasciata statunitense a Kyiv.

Ne sono state un riflesso le dichiarazioni pubbliche rivolte a “potenziali investitori” nelle quali Zelenskij pavoneggiava un futuro di condizioni favorevoli fatte di bassi salari per “i laboriosi ucraini”. Zelenskij è sì riuscito a tenere bassi i salari, ma questo, nel pieno della crisi globale del capitalismo e della instabilità interna generale in Ucraina, ha fallito nell’attirare magicamente gli investitori. In ultima analisi il governo ha dovuto affidare il proprio bilancio a prestiti stranieri anziché a un aumento degli investimenti, aggravando così il peso dei futuri rimborsi.

Il punto è che gli attuali attacchi contro i diritti dei lavoratori non sono politiche inedite adottate per effetto della guerra: vanno avanti sin dal 2019. Benché in parlamento non esista una vera e propria opposizione operaia, e nonostante il Partito comunista sia stato di fatto buttato fuori dalla politica ufficiale nel 2014, alcuni partiti di fazioni oligarchiche rivali come il Blocco di Opposizione (i resti del Partito delle regioni) e il partito raccoltosi attorno al blogger d’opposizione Anatolij Sharij, pur non del tutto contrari da un punto di vista ideologico alle leggi anti-operaie di Poroshenko prima e Zelenskij poi, hanno perlomeno dato segno di un’opposizione a parole e nei voti parlamentari. Questi partiti e i media loro vicini erano già stati colpiti dalla repressione] prima dell’inizio dell’invasione a febbraio. Il governo non ha perso tempo e ha approfittato dell’invasione per bloccarne l’attività il più possibile.

La risposta del movimento operaio ucraino

Le nuove leggi sul lavoro sono state ampiamente condannate dal movimento operaio ucraino. Prima dei lockdown contro il COVID-19 c’era stato un aumento della lotta di classe, soprattutto attraverso gli scioperi dei minatori nella regione di Kryvbas, nonché tra i lavoratori della sanità, in protesta contro la liberalizzazione del loro settore.

Il movimento operaio si è però dimostrato incapace di opporsi al governo nel corso della guerra. Questa incapacità è una conseguenza delle misure autoritarie portate avanti dall’amministrazione Zelenskij prima e durante l’invasione russa, ma deriva anche dalla tattica generale dei dirigenti del movimento operaio orientata alla trattativa e alla collaborazione di classe con padroni e datori di lavoro.

Sia la Federazione ucraina dei sindacati (FPU), il più grande sindacato ufficiale del Paese e ciò che rimane del sindacato governativo della RSS ucraina, sia la Confederazione dei sindacati liberi d’Ucraina (KVPU), affiliata alla Confederazione sindacale internazionale, hanno criticato le leggi ma nessuna delle due ha avanzato alcuna proposta per combatterle. il capo a vita della KVPU, Mykhaylo Volonets, ha affermato: “Il codice del lavoro non avrà più valore, verranno eliminati gli accordi collettivi, e smetteranno di funzionare anche quei meccanismi di protezione dei dipendenti oggi in vigore. È un’aperta violazione delle norme e degli standard internazionali per quanto riguarda il mondo del lavoro”.

Ma è proprio questo il problema dell’affidarsi al concetto delle “norme internazionali”. Le organizzazioni che detengono più potere su Zelenskij sono il FMI e il WTO, insieme ai capitalisti interni e internazionali.

L’unica risposta a questi attacchi può essere la lotta di classe indipendente e la fondazione di un partito della classe operaia ucraina. Volonets ha fatto una carriera come deputato dei partiti della borghesia ucraina. Un partito indipendente della classe operaia ucraina potrebbe ergersi come un bastione contro riforme pessime delle condizioni contrattuali come queste, e sarebbe in grado di rivolgersi alla classe operaia russa, costruendo legami di solidarietà contro questa guerra brutale.

Ai lavoratori il conto della guerra

La settimana precedente l’invasione del 24 febbraio vide un significativo esodo dei ricchi ucraini, una migrazione pubblicamente difesa da Zelenskij nel tentativo di minimizzare la possibilità concreta di un’invasione alle porte. Zelenskij se l’è presa con Medvechuk, legato alla Russia, e il boss del Donbass, Rinat Akhmetov. Ma questo non cambia il fatto che sono i ricchi capitalisti a dominare l’economia ucraina, proprio come l’incriminazione di Khodorkovskij e Berezovskij da parte di Putin fondamentalmente non cambia il fatto che la Russia è a sua volta dominata da un’abbiente oligarchia capitalista. Ora, mentre la maggior parte dei super-ricchi ucraini si crogiolano in lussuosi resort europei o confortevoli abitazioni londinesi, la classe operaia ucraina è costretta a pagare il prezzo della guerra con la vita, la distruzione delle proprie case e un peggioramento delle condizioni economiche.

L’“unità nazionale” proiettata dall’amministrazione Zelenskij è quanto Trotskij descriveva come “l’unità tra un cavallo e il suo cavaliere”. Ance se le loro propretà, del valore di milioni di dollari, vengono colpite dalla distruzione della guerra, gli esponenti della classe dominante se ne possono stare a distanza di sicurezza mentre la classe operaia è costretta ad andare a combattere o a continuare a presentarsi al lavoro mentre i raid aerei russi minacciano le sue città. Come ricompensa i lavoratori vedono quello che resta dei propri diritti contrattuali fatto a pezzi dal parlamento ucraino, fedele ai capitalisti interni e stranieri.

L’invasione russa reazionaria, avendo generato il panico tra le classi operaie ai due lati del confine, sta aiutando la classe dominante ucraina a consolidare il suo potere sui lavoratori. È necessario un movimento internazionale della classe operaia, indipendente dai capitalisti, per fare uscire i lavoratori dalla demoralizzazione e stringere legami di solidarietà internazionale contro questo vergognoso conflitto imperialista e le rispettive classi dominanti, che fanno tutto il possibile per ricavare fino all’ultimo centesimo possibile da questa situazione.

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