La presidenza Trump crea turbolenze enormi in tutto il mondo Share TweetPubblichiamo qui di seguito la prima parte della relazione di prospettive mondiali, tenuta da Jorge Martin martedì 28 gennaio, nel corso di una riunione del Comitato Esecutivo Internazionale dell’Internazionale Comunista Rivoluzionaria.[Source]In aereo si dice: “Signore e signori, siamo entrati in una zona di turbolenza, vi preghiamo di rimanere seduti con le cinture allacciate.”È passata solo una settimana da quanto Trump è salito al potere. Poche settimane sono passate poi da quando a novembre è stato eletto, e l’intera situazione mondiale è già stata trasformata.Abbiamo visto (solo considerando le azioni di Trump) il cessate il fuoco a Gaza, le minacce di un intervento militare contro la Danimarca, membro della Nato e alleato degli Stati Uniti, e contro Panama. Si è diffusa l’idea che il Canada dovrebbe diventare il cinquantunesimo Stato americano, ovvero l’annessione di un paese NATO a nord del confine americano.E questo solo per menzionarne alcune. Quello che possiamo realmente constatare è un’enorme accelerazione nel ritmo degli avvenimenti nelle relazioni mondiali, nell’economia e nella politica. E, ovviamente, questo ha un impatto anche sulla coscienza.Certo, Trump non è la causa di tutto ciò. Egli è sicuramente un sintomo di processi più profondi che stanno avendo luogo, ma allo stesso tempo è un fattore che imprime una brusca accelerazione agli eventi. Non c’è alcun dubbio al riguardo.Oltre che a numerosi avvenimenti scatenati dalle azioni di Trump, nelle ultime settimane ne abbiamo visti anche molti altri: il crollo del governo in Francia, il crollo del governo in Germania, il crollo del governo in Canada. Abbiamo anche visto la cancellazione delle elezioni in Romania, che in altre circostanze avrebbe costituito un evento di primo piano, ma che in questo contesto è stato messo in ombra da questi altri avvenimenti più importanti.Ieri, abbiamo assistito al crollo delle azioni delle aziende tecnologiche sul mercato americano. Nvidia, un’azienda tech, ha perso 600 miliardi di dollari in termini di valore delle proprie azioni sul mercato. In un giorno soltanto. Si tratta della somma più grande che un’azienda abbia mai perso nel giro di un solo giorno in tutta la storia.Molti di questi fatti sono già di per sé abbastanza stupefacenti.Abbiamo visto, per esempio, una chiamata telefonica tra Trump e il primo ministro danese Frederiksen, a proposito delle ambizioni di Trump riguardo all’annessione della Groenlandia, che a quanto pare non è andata molto bene. Secondo il Financial Times, che ha citato fonti danesi, la Frederiksen ha detto che erano scioccati e che solo ora avevano capito che si trattava di una cosa seria!Questo è il punto. A causa dello stile di Trump, si può pensare che le sue siano solo chiacchiere. O che si tratti solo di una strategia al tavolo delle trattative. Tuttavia, non stiamo parlando di un influencer sui social media, bensì del presidente degli Stati Uniti d’America, la potenza imperialista più importante e potente al mondo. Quando dice qualcosa, sebbene possa risultare un po’ stravagante il modo in cui lo dice, bisogna prestargli attenzione.Un analista borghese citato dal New York Times ha detto che “non bisognerebbe prendere Trump alla lettera, ma è meglio prenderlo sul serio”.Se tutto ciò non fosse abbastanza, ieri abbiamo assistito allo scontro di Trump con la Colombia. Si è trattato di uno scontro di breve durata, ma penso che sia molto illustrativo. Per un qualche motivo che solo lui conosce, alle quattro del mattino il presidente colombiano Petro ha deciso di pubblicare un tweet di protesta per il trattamento riservato ai migranti colombiani deportati dagli Stati Uniti. Stanno subendo un pessimo trattamento. Dal punto di vista di Trump si tratta di una mossa dimostrativa. Trump sta cercando di pubblicizzare le deportazioni, trattando i migranti come criminali che meritano di essere deportati, ammanettati e in catene.Il presidente della Colombia Petro ha protestato e ha dichiarato che non avrebbe permesso ai due aerei militari americani che stavano trasportando migranti colombiani di atterrare nel paese. A quanto pare, uno di questi aerei era già in volo. Cosa è successo allora? Trump ha pubblicato un post sui social media dicendo che “il presidente socialista della Colombia, che è già molto impopolare tra la sua gente”, aveva deciso di negare l’atterraggio a questi aerei e che di tutta risposta gli Usa avrebbero introdotto dazi del 25% su tutti i prodotti colombiani, con effetto immediato.Ha anche aggiunto che avrebbe ritirato i visti e i permessi di ingresso negli Stati Uniti del presidente Petro, dei membri del suo governo e delle loro famiglie. E di tutti i suoi sostenitori! Si tratta di milioni di persone!Ha fatto molte altre minacce, ma le prime in effetti non erano solo minacce. Ha cominciato a concretizzarle immediatamente. C’erano circa 1.500 persone che avevano appuntamenti per richiedere un visto all’ambasciata americana a Bogotà il giorno successivo. Tutte hanno ricevuto messaggi, dove si informava che gli appuntamenti erano stati tutti cancellati.Petro ha allora risposto che questo era inaccettabile e che la Colombia avrebbe imposto dazi proporzionali a tutte le importazioni americane. Inoltre, ha deciso di pubblicare un post molto lungo sui social media. Non so se l’avete visto. Dice di tutto e di più. Fa riferimento alla tradizione di Sacco e Vanzetti, chiama Trump “schiavista bianco” e dice che non gli avrebbe stretto la mano.Però, alla fine della giornata, Petro è stato costretto a capitolare su tutta la linea e Trump ha pubblicato un post sui social media dicendo di avergli impartito una lezione e che l’“America torna ad essere rispettata”.C’è un articolo oggi sul New York Times che descrive questo scontro. Il titolo è “Il retroscena delle tensioni con la Colombia: una mappatura delle tattiche di escalation rapida di Trump”, e il primo paragrafo dice:“Non c’è nessuna sala di regia né appelli pacati a raffreddare una disputa con un alleato. Solo minacce, contro-minacce, resa e un’indicazione di quale sarà l’atteggiamento del presidente nei confronti della Groenlandia e di Panama.”Chas Freeman, un ex-ambasciatore americano, ha fatto un’osservazione interessante su Trump. Ha detto che è un uomo d’affari. Non conosce e non gli importano le regole della diplomazia e delle relazioni internazionali tra i paesi, le formalità e i protocolli, niente di tutto ciò. E ha aggiunto che non è un uomo d’affari qualunque. Proviene dal mercato immobiliare di New York. È un ramo d’affari nel quale non esistono principi etici di alcun tipo. Si basa tutto sulla prevaricazione e sui raggiri.Proprio così. Sembra lo stile di Trump. E adesso è il presidente degli Stati Uniti. Certamente, questo ha un impatto. Gioca un ruolo importante nelle sue azioni, che a volte sembrano imprevedibili. Ma in realtà c’è un metodo nella sua follia. E questo è il motivo per cui dobbiamo discutere cosa c’è dietro tutto ciò.La guerra di Trump contro il “Deep State”Trump sente di aver cercato, nel suo primo mandato, di soddisfare le esigenze delle differenti fazioni del partito e di aver provato ad agire nei limiti delle leggi dello Stato. Ed il risultato è stato che è stato rallentato, accerchiato e gli è stato impedito di portare avanti il suo vero programma da quello che definisce “Deep State” [Stato profondo, Ndt]. C’è un elemento di verità in questa definizione.Ma ora Trump è più forte rispetto al suo primo mandato. Ha il pieno controllo, o almeno un controllo schiacciante, sul Partito Repubblicano, molto più di quanto non lo avesse nel 2016.Certamente, ha molto più potere politico ed è molto meno disposto a fare compromessi o a permettere che altri dettino le sue politiche. Basta guardare alcune delle altre misure che ha preso nella scorsa settimana.Mercoledì, i funzionari del National Security Council sono stati mandati a casa, alcuni in congedo, altri sono stati sospesi. Questi sono coloro che consigliano il governo sui problemi che riguardano ad esempio l’Iran, la Nord Corea, l’Ucraina, il Medio Oriente in generale e tante altre questioni. La decisione è stata così veloce che, secondo il New York Times, alcuni di essi non sono riusciti a lasciare materialmente l’edificio, dal momento che il loro badge era stato disattivato prima ancora che venissero a conoscenza di essere stati licenziati.E poi, lunedì, il presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo che sospendeva tutti gli aiuti all’estero per novanta giorni, in attesa di una revisione generale. Sono stati sospesi tutti gli aiuti all’estero edè stato comunicato alle persone che lavorano nelle Ong di tutto il mondo: “non spendete un singolo centesimo da adesso fino a future indicazioni”. C’è stato un grande panico in Ucraina, dove ci si è chiesto se ciò riguardasse anche gli aiuti militari o meno. C’è stato un botta e risposta a questo proposito tutta la settimana.In tutti questi casi, Trump ha detto che tali misure erano rivolte ad assicurarsi che tutti fossero in linea con le sue politiche. Ha anche sospeso tutti i programmi DEI (diversità, eguaglianza e inclusione) e, non pago, ha ordinato ai funzionari pubblici di denunciare i propri colleghi nel caso in cui cercassero in qualche modo di mantenere queste politiche, nonostante gli ordini di Trump. È stato creato un indirizzo e-mail confidenziale nel quale è possibile denunciare i propri colleghi negli uffici governativi.È in guerra con l’establishment e con quello che percepisce come “lo Stato profondo”. Ciò non significa necessariamente che vincerà sempre, dal momento che lo Stato capitalista è molto potente. Al di là dell’esito, è chiaro che è in guerra con esso e che ha deciso di portare avanti il proprio programma, quale che sia.Siamo di fronte a mutamenti decisivi nella situazione mondiale, che ha molte importanti implicazioni.La stessa elezione di Trump, che risale soltanto a due mesi fa – sembra passato un secolo! – è stata di per sé un cambiamento di primo piano. La classe dominante e l’establishment americano hanno usato trucchi e inganni di ogni tipo per impedirgli di vincere. Nondimeno, ha vinto. E ha vinto in una maniera molto convincente.Qual è il significato di questa vittoria? Abbiamo visto i liberali, i media e la cosiddetta sinistra sollevare un grande clamore dicendo che ciò rappresenta “uno spostamento a destra” negli Stati Uniti e che è parte di uno spostamento generale a destra nella politica mondiale.Ma questo non spiega nulla. Infatti, se si accetta questo argomento, cosa si intende dire? Che Biden era di sinistra? L’implicazione è questa. Guardiamo alla politica estera. Trump era il “candidato della pace”, mentre Biden era il candidato guerrafondaio. Questo aspetto ha giocato un ruolo nel risultato elettorale, particolarmente in molti distretti elettorali con un’alta percentuale di elettori arabi e musulmani.Certo, ci sono elementi reazionari che hanno ingrossato il voto per Trump. Ma, da soli, non spiegano la sua vittoria. Per esempio, c’è tutta una serie di Stati in cui Trump ha vinto o ha accresciuto significativamente il proprio consenso nei quali allo stesso tempo si è votato [per mezzo di referendum, Ndt] a favore di iniziative legislative per inserire il diritto all’aborto nelle leggi dello Stato. Tra di essi c’è la Florida, dove il voto a favore dell’aborto ha ottenuto un risultato superiore a quello per la Harris, sebbene non sia stato raggiunto il quorum.Quello che abbiamo spiegato, e penso che sia del tutto corretto, è che la ragione principale per la vittoria di Trump, la principale conclusione che bisognerebbe trarne, è che egli è stato in grado di cogliere il profondo e diffuso stato d’animo anti-sistema che esiste negli Stati Uniti, di connettersi con esso e di offrirgli un canale di sfogo.Il medesimo stato d’animo esiste anche in molti altri paesi a capitalismo avanzato. Esso si esprime in molti modi diversi. Un’altra indicazione in tal senso, che è straordinaria, è stata la reazione all’assassinio del ceo di United Healthcare da parte di Luigi Mangione. L’assassinio in sé è stato significativo, ma ancora di più lo è stata la reazione pubblica all’assassinio, una reazione di comprensione e di simpatia; non per il ceo, ma per Mangione.Mangione si è trasformato in una specie di eroe popolare. Questa reazione non si è registrata solo tra le persone che si considerano di sinistra, ma anche tra molti che si considerano conservatori e repubblicani, inclusi molti sostenitori di Trump. Si tratta di un fatto significativo.È un fenomeno molto peculiare, no? Trump sta cavalcando l’onda del sentimento anti-sistema. C’è una crisi di legittimità che investe tutte le istituzioni borghesi. C’è rabbia nei confronti delle grandi aziende, dei politici di ogni tipo, dello Stato, e così via. Ma egli è a propria volta un miliardario e tutti lo sanno. E si circonda di miliardari.Si tratta di un riflesso estremamente confuso di questo stato d’animo. Ma sicuramente ne è un riflesso. E anche il motivo è chiaro, visto che sia negli Stati Uniti sia in Europa abbiamo assistito alla bancarotta e al fallimento completo della sinistra, che è stata del tutto incapace di capitalizzare questo stato d’animo.Siamo usciti da un periodo in cui personaggi e partiti di sinistra anti-sistema erano in ascesa ovunque in Europa e in America sulla scia della crisi del 2008 e dei movimenti di massa contro l’austerità intorno al 2011. Podemos, Syriza, Mélenchon, Corbyn, Sanders: tutti loro hanno fallito completamente. Il fallimento delle loro idee riformiste è stato dimostrato nella pratica in un modo o nell’altro.L’esempio più estremo è stato il governo di Syriza nel 2015, ma c’è anche l’appoggio dato da Bernie Sanders alla Clinton nel 2016. Hanno capitolato, lasciando un ampio spazio a gente come Trump.Le relazioni mondialiCosa farà Trump? Credo che non lo sappia neanche lui.Nel suo discorso inaugurale ha detto “faremo cose che scioccheranno la gente”. E sicuramente la gente è scioccata. Almeno, io lo sono.Il presidente dell’Atlantic Council, un think tank di destra, Fred Kempe, ha detto che Trump è “sia il prodotto che la causa” di una nuova epoca che sarà “caratterizzata da un maggiore interventismo governativo, minore unanimità, più mercantilismo, meno libero mercato e più tracotanza da grande potenza”.Nel modo in cui Trump si sta comportando c’è un forte elemento di questa tracotanza da grande potenza. La grande potenza sta mostrando ai pivelli chi è che comanda. Questo lo si può vedere chiaramente dal modo in cui ha trattato Petro.Ovviamente gli individui giocano un grande ruolo nella storia. Il materialismo storico non è in contraddizione con questo, anzi è il contrario.Allo stesso tempo, Trump è anche il riflesso, la personificazione di tendenze più profonde delle relazioni mondiali, della politica mondiale e della crisi del capitalismo che dobbiamo spiegare.Abbiamo spiegato queste tendenze di fondo nell’ultimo documento di prospettive mondiali del 2023, nel Manifesto dell’ICR e in articoli e dibattiti sulle prospettive mondiali e le relazioni mondiali. Abbiamo constatato che la situazione mondiale è dominata da:a) il declino relativo dell’imperialismo americano;b) l’ascesa di nuove potenze imperialiste giovani e dinamiche come la Cina, che sta anch’essa raggiungendo i propri limiti, in una certa misura. In questa categoria rientra anche la Russia, anche se in maniera diversa e solo in una certa misura;c) il fatto che queste tendenze permettano a tutta una serie di potenze di media grandezza di agire in maniera più indipendente, tenendosi in equilibrio tra i due blocchi, come si può vedere in molti casi, come quello della Turchia, dell’Arabia Saudita, dell’India, ecc.Abbiamo parlato del declino relativo dell’imperialismo americano e dell’ascesa della Cina, che è in competizione con il primo per il dominio del mondo. Ma c’è un’altra tendenza che si aggiunge e cui non abbiamo prestato molta attenzione, ma che ora si trova al centro dell’equazione, cioè la crisi di lunga durata del capitalismo europeo.Penso che questo quadro generale ci permetta di spiegare il significato della politica estera di Trump.Ci sono alcune importanti differenze tra la sua politica estera e quella di Biden. La politica estera di Biden si basava sul rifiuto di accettare i limiti del potere degli Stati Uniti e, di conseguenza, sulla insistenza sconsiderata nel tentativo di mantenere il dominio degli Stati Uniti sul mondo intero.Questo dominio è esistito per la maggior parte dei trent’anni dopo il crollo dell’Unione Sovietica, ma non esiste più.Possiamo vedere una manifestazione di ciò nella guerra in Ucraina. L’idea era che gli Stati Uniti avrebbero sconfitto la Russia e l’avrebbero indebolita al punto che non sarebbe più stata in grado di invadere un altro paese e sfidare la volontà di Washington. Biden ha fatto un famoso viaggio in Polonia all’inizio della guerra, nel quale ha detto che l’obiettivo della guerra in Ucraina era un cambio di regime a Mosca.Una situazione simile si è prodotta in Medio Oriente, dove Biden ha dato a Netanyahu a tutti gli effetti carta bianca, con tutte le conseguenze che ciò implicava. Anche se alcune di queste conseguenze non rientravano necessariamente negli interessi a lungo termine degli Stati Uniti nella regione.Al contrario, la politica di Trump sembra essere grosso modo quella che gli Stati Uniti devono difendere i propri interessi di sicurezza nazionale. Gli Stati Uniti hanno una propria sfera di influenza, che è principalmente ai suoi confini, in Nord America. Gli Stati Uniti dovrebbero rafforzare la propria posizione in quell’area, invece di spendere una marea di denaro e di uomini combattendo guerre in paesi lontani che non rivestono alcun interesse per gli Stati Uniti.Nella conferenza stampa prima del suo insediamento, ha parlato di Groenlandia, del Canale di Panama, del Canada e del Messico.Come parte del suo piano per rafforzare gli Stati Uniti e concentrarsi sui propri interessi di sicurezza nazionale, vuole mettere fine alla guerra in Medio Oriente e alla guerra in Ucraina. Questo potrebbe, forse, portare la Russia a un accordo e separare la Russia dalla Cina.Egli ritiene che una simile politica permetterebbe così agli Stati Uniti di concentrarsi sulla principale minaccia alla propria supremazia mondiale, che è la Cina. Bisogna ammettere che dal punto di vista degli interessi generali della classe dominante americana, ciò è molto più sensato rispetto alla politica di Biden.Alcuni di voi seguiranno il podcast Against the Stream, dove abbiamo registrato un episodio in cui abbiamo parlato molto di un podcast che avevamo ascoltato, nel quale il giornalista del Financial Times Gideon Rachman, un liberale, intervistava Dan Caldwell, un consulente della squadra di transizione di Trump al Pentagono.Quello che Caldwell diceva, ho pensato, era molto interessante. La prima cosa che ha detto era di essere un veterano dell’esercito, che ha partecipato alla guerra in Iraq. Sono molti quelli come lui, vero? Molti veterani dell’esercito che sono stati politicizzati dalla propria esperienza nelle avventure militari imperialiste degli Stati Uniti. Nella schiera dei sostenitori e dei consiglieri di Trump ce ne sono molti.Dan Caldwell spiega che gli Stati Uniti hanno ucciso “quasi un milione di arabi, iracheni e siriani” e “più di 4mila americani sono stati uccisi mentre prestavano servizio nell’esercito. Molte altre migliaia di contractors sono stati uccisi”. Per di più, “i costi finanziari sono stati rilevanti. Più di 2mila miliardi di dollari ed in aumento, visto che la guerra in Iraq è ancora in corso”. E trae la conclusione che questa è “una politica estera che non penso che nessuno possa dire serenamente abbia reso gli Stati Uniti più sicuri e, sicuramente, non ha reso il mondo più sicuro o più stabile”.E quindi sostiene che gli Stati Uniti non dovrebbero più perseguire questa politica. Gli Stati Uniti dovrebbero concentrarsi sui propri naturali interessi di sicurezza internazionale. Gideon Rachman, che è un liberale, gli chiede nel panico, “e allora l’Ucraina?”.Trump ha detto che la guerra in Ucraina non avrebbe mai dovuto avere inizio. Ha anche detto che Zelensky non avrebbe dovuto entrare in guerra con i russi, dal momento che dispongono di molti più carri armati dell’Ucraina. Possiamo immaginare il ragionamento di Trump: “non si fa a botte con un nemico molto più grosso”. Il suo approccio è quello di riconoscere la forza relativa di ogni potenza.Torniamo a Dan Caldwell. Alla domanda sull’Ucraina, ha risposto: “Per rispondere alla tua domanda, non per eluderla, la guerra è una tragedia. Ma per gli Stati Uniti, che la Russia controlli o meno il Donbass o la Crimea non costituisce un interesse vitale”.Anche Trump ha fatto dichiarazioni sulla stessa linea: che la guerra in Ucraina non avrebbe mai dovuto avere inizio, che è il risultato delle provocazioni della Nato nei confronti della Russia, che può comprendere come la Russia abbia degli interessi di sicurezza nazionale in Ucraina.Dan Caldwell lo spiega nei termini della necessità per gli Stati Uniti di riconoscere che ci sono cose che possono fare e altre che non possono fare:“Penso che gli Stati Uniti dovrebbero adoperarsi per rimanere il paese più potente al mondo. Ma dal mio punto di vista, questo è diverso dal cercare di ottenere la supremazia. La mia opinione è che cercare di essere la potenza dominante è una cosa diversa dal cercare di essere il paese più potente… Non sto propugnando, imbracciando o accettando l’idea del declino americano. Sto propugnando il contrario, dobbiamo fare delle cose per invertire il declino americano. E penso che la nostra ricerca della supremazia ci abbia reso alla fine un paese più debole.”Questo è un punto di vista interessante e ci dà un’idea dell’approccio di Trump alla politica estera. Ciò ha delle implicazioni specifiche. È un riconoscimento del fatto che gli Stati Uniti hanno propri interessi di sicurezza nazionale e proprie sfere di influenza. Ma da ciò segue che anche le altre potenze abbiano i propri e che una qualche forma di negoziazione e di accordi tra di esse debba essere raggiunto.Ciò viene espresso dallo slogan di Trump “pace per mezzo della forza”. Questo renderebbe l’intera situazione mondiale più simile a quella che esisteva prima della Prima Guerra Mondiale, con le differenti potenze imperialistiche che si scontravano per spartirsi il mondo. Ne seguono implicazioni molto importanti, non solo per l’Ucraina, dalla quale Trump vuole ritirarsi, ma anche, direi, per la posizione di Taiwan.La domanda scontata che sorge è: difendere Taiwan dalla Cina rientra negli interessi nazionali degli Stati Uniti? Già nel luglio dello scorso anno Trump ha detto che “Taiwan dista 15mila chilometri [dagli Stati Uniti, Ndt]. Dista 110 chilometri dalla Cina… e ci sta costando un sacco di soldi”, per i quali gli Stati Uniti non ottengono niente in cambio.Nel podcast che ho menzionato, Dan Caldwell ha detto che non prenderebbe alcun impegno in termini di sicurezza con Taiwan e che piuttosto che rifornirli di armamenti di ultima generazione, gli Stati Uniti dovrebbero fornirgli droni e difese aeree a basso costo, così da scoraggiare un’invasione cinese.Dal punto di vista di Trump, è vero, la Cina è il principale rivale degli Stati Uniti nel mondo. Non c’è dubbio al riguardo. Ma ciò non significa che gli Stati Uniti dovrebbero impegnarsi ad entrare in guerra con la Cina per Taiwan.Qual è la conclusione che Xi Jingping trarrà dalla sconfitta della NATO nella guerra in Ucraina? Trarrà l’ovvia conclusione che ci sono limiti ben definiti al potere degli Stati Uniti.Ci sono ovviamente opinioni diverse, anche all’interno dello schieramento di Trump, riguardo alla Cina. Alcuni la considerano principalmente un rivale economico, altri ritengono che sia già diventata un avversario militare.Queste sono alcune delle linee guida che determinano la politica estera di Trump, così come il fatto che egli è prima di tutto un uomo d’affari ed è molto più propenso ad utilizzare mezzi economici piuttosto che mezzi militari. Questo è quanto abbiamo visto nello scontro con la Colombia. Non ha minacciato di mandare i marines, né ha organizzato un golpe militare, al contrario ha minacciato danni economici per mezzo dei dazi. Ha utilizzato la potenza economica degli Stati Uniti in uno scontro vis à vis con la Colombia per raggiungere i propri obiettivi.Lo stesso è avvenuto con la Danimarca a proposito della Groenlandia. È vero che ha detto che non escludeva un intervento militare, ma la questione è stata posta interamente nei termini di un acquisto della Groenlandia e ha minacciato la Danimarca di imporle dazi punitivi.Trump è a capo della più forte potenza imperialista al mondo e la sua politica rimane imperialista, ma è una politica basata, a differenza di quella di Biden, su un certo livello di riconoscimento del fatto che gli Stati Uniti non sono l’unica potenza mondiale e che la loro potenza ha certi limiti.