La nazionalizzazione di Fannie e Freddie Italian Share Tweet Italian translation of Fannie and Freddie nationalised – let’s take over the rest (September 8, 2008) Il Financial Times ha salutato l’acquisizione effettiva di Fannie Mae e Freddie Mac da parte del governo statunitense come “il più grande salvataggio da una bancarotta mai avvenuto al mondo”. Il segretario del Tesoro Henry Paulson ha promesso che “immetterà liquidità illimitata”. E chi non vorrebbe che il governo garantisse liquidità illimitata? Peccato che quando si arriva alle tasse sul cibo e sulla benzina pagate dai poveri e dalla classe lavoratrice i governi inglese e statunitense trovano la dispensa vuota. Ma stavolta non è vuota. Com’era prevedibile i mercati finanziari di tutto il mondo hanno tirato un sospiro di sollievo. Fannie e Freddie sono stati effettivamente nazionalizzati – e il grande capitale è completamente d’accordo. Nel Financial Times (8 settembre 2008) Clive Crook commenta, in un articolo intitolato significativamente Nazionalizzazione in tutto e per tutto tranne che nel nome, che “L’eventuale costo per i contribuenti non è noto. Se il mercato immobiliare si riprendesse nel prossimo periodo, potrebbe trattarsi di poche decine di miliardi di dollari. Se le cose continuassero a peggiorare, potrebbe essere di centinaia di milardi di dollari. Ma Fannie e Freddie sono diventate indispensabili per qualunque ripresa del mercato immobiliare: il costo dovrà essere pagato qualunque esso sia”. Di chi parliamo? Fannie e Freddie sono aziende private. Entrambe hanno azionisti. Ma sono anche Government Sponsored Enterprises (GSE) agenzie ufficiosamente garantite dal governo federale. Sotto questo aspetto sono degli ibridi. La loro attività è stata effettivamente garantita dal governo. Per loro questa è stata una benedizione ed una maledizione. Fannie e Freddie non concedono mutui direttamente alle persone, ma garantiscono mutui. Chi trae vantaggio da ciò? Naturalmente il sistema bancario. Le banche sono oggetto di critiche quando il mercato immobiliare è in calo e la gente non è più in grado di pagare i propri mutui. Le GSE sono entrate palesemente in difficoltà in estate (leggete Why you should worry about Fannie and Freddie, in inglese). Da quella volta Warren Buffet [noto investitore americano, NdT], l’uomo più ricco del mondo, ha detto che “sono fritte”. Il prezzo delle loro azioni è crollato. Sono chiaramente insolventi – l’ammontare dei loro debiti è superiore al valore di quello che possiedono. Negli ultimi ani hanno avuto perdite copiose. Una commissione del Congresso stima che i loro debiti siano pari a circa 25 miliardi di dollari. Questa probabilmente è la somma che i contribuenti americani dovranno sborsare – per salvare il sistema bancario. Ma per il capitalismo Fannie e Freddie andavano salvate. Come avevamo previsto a luglio “Il Governo semplicemente non può farle andare a rotoli. Qualunque parola usi e qualsiasi piano alternativo possa annunciare (per l’occasione è stata coniata una nuova parola, conservatorship, traducibile come “amministrazione controllata”), Fannie e Freddie saranno a tutti gli effetti nazionalizzate. Allora sarà ufficiale che le loro azioni non valgono niente”. Lo si è capito quando Paulson ha dichiarato “Fannie Mae e Freddie Mac sono così grandi e così intrecciate con il nostro sistema finanziario che il fallimento di una di loro provocherebbe grandi turbolenze nel nostro mercato interno e nel resto del mondo, che avrebbero conseguenze dirette e negative sulla ricchezza delle famiglie”. In altre parole, come scritto nei titoli di Metro (quotidiano distribuito gratuitamente, ndt) londinese, “tre miliardi di dollari per salvare il mondo”. Negli Stati Uniti d’America il valore dei mutui in insolvenza è di 12 mila miliardi di dollari. Circa la metà è garantita da Fannie e Freddie. Lo svantaggio della loro sponsorizzazione da parte del governo consisteva nel fatto che dovevano fare quanto richiesto dai legislatori. Così negli ultimi due anni l’80% dei mutui è stato garantito dalle due GSE. Questo perchè le banche capitaliste hanno calcolato che nel mercato immobiliare statunitense non andava tutto bene, e che non avrebbero toccato i nuovi mutui con un dito. Come è ben noto, la bolla del mercato immobiliare è scoppiata quando è diventato evidente che i mutui erano stati concessi da criminali scellerati della finanza a persone senza redditi, disoccupate e prive di beni. Non sorprende che i debitori siano stati incapaci di pagare questi mutui sub-prime, e che abbiano perso le proprie case. Il governo federale non riteneva necessario intervenire nel momento in cui queste persone diventavano dei senzatetto, perchè qui era la magia del mercato! Tireranno fuori dai guai le banche, non i senzatetto. Ma la concorrenza senza regole e la bancarotta per persone che faticano a sbarcare il lunario sono solo favole per i creduloni e i sempliciotti. Fannie e Freddie sono troppo grandi per fallire. I mutui sub-prime non hanno rappresentato una difficoltà circoscritta per il capitale finanziario. I mutui nei libri contabile delle APS sono stati fatti a pezzetti e venduti in tutto il mondo sotto forma di prodotti finanziari dalle caratteristiche misteriose. Alcuni di questi strumenti finanziari sono finiti nelle casse delle banche del Regno Unito. Questo spiega perchè tali banche siano così sollevate del fatto che Paulson e la Federal Reserve abbiano salvato anche la loro pagnotta. Ed anche perchè il valore delle loro azioni sia cresciuto quando è stato fatto l’annuncio. Quello che le autorità finanziarie stanno cercando di fare è ciò che chiamano “de-leveraging”. In parole povere ciò significa che il boom passato era basato su una speculazione difettosa e sull’espansione di bolle insostenibili, come ad esempio quella del prezzo delle case. Stanno cercando di smantellare questa piramide costruita sulla leva finanziaria. Devono stare attente. Se commetteranno un errore l’intera struttura crollerà e distruggerà tutto quello che trova sotto di sè. Prendete Fannie e Freddie. Secondo il Gretchen Morgenstern hanno debiti per 62 mila miliardi di dollari – dodici volte il totale delle loro azioni - 5.400 miliardi dollari – in mutui. Questo è un castello di carta che aspetta di crollare. Fornisce anche la misura di quanto sono esposti i contribuenti statunitensi. Questo fenomeno è tipico del settore bancario. Molte banche statunitensi hanno un tasso di aggiustamento del capitale pari all’8%. In parole semplici ciò significa che possono prestare denaro fino a 12 volte e mezzo le loro riserve. Quando le cose vanno bene questo aumenta i loro profitti. Quando le cose vanno male moltiplica le perdite. Ciò significa che se anche uno solo su dodici debitori fosse insolvente, la banca ne uscirebbe a pezzi. La crisi dei mutui sub-prime significa che le riserve con cui le banche ritenevano di poter coprire i propri prestiti sono state prosciugate. Hanno tutte bisogno di ricapitalizzarsi e questo non è il periodo giusto per farlo. Entro la fine del 2009 le banche statunitensi hanno bisogno di posticipare pagamenti di debiti a breve termine per 800 miliardi di dollari. La difficile situazione del credito sta peggiorando, non migliorando. Per Fannie e Freddie le cose sono messe molto peggio. Si calcola che i mutui garantiti siano 50 volte il valore delle loro riserve le quali stanno velocemente scomparendo. Ciò equivale a scommettere tutti i tuoi soldi su un outsider che ha probabilità di vittoria 50 a 1. Ciò significa che andrebbero sul lastrico se anche solo il 2% dei loro debitori fosse insolvente. John Mauldin commenta “i critici hanno detto che Fannie e Freddie non erano altro che fondi di investimento implicitamente garantiti dal governo. Questo è un insulto per i fondi di investimento, perchè questi non pagano centinaia di milioni in contributi alle campagne in modo da mettere a rischio i soldi dei contribuenti, e pagare sostanziosi extra ai dirigenti. I fondi di investimento rischiano il proprio capitale senza nessuna rete di protezione. “Fannie e Freddie sono banche che hanno concesso prestiti per 40 o 50 il valore dei propri beni. Mi vengono in mente due fondi investimento, Carlyle Capital e Long Term Capital Management, che erano in una situazione simile. Entrambi sono falliti, come succederà a tutte le aziende che si espongono in questo modo”. Dopo che la difficile situazione del credito è venuta alla luce un anno fa, ci è stato detto diverse volte che “abbiamo superato il peggio”. Al contrario Kenneth Rogoff, in passato responsabile economico del Fondo Monetario Internazionale, garantisce che “il peggio deve ancora venire”. Continua dicendo che “Non stiamo per assistere solamente al fallimento nei prossimi mesi di banche di medie dimensioni: ne vedremo di grandi dimensioni – il fallimento di una banca di investimenti o comunque fra le più grandi”. Probabilmente ha ragione. In questo momento negli Stati Uniti 8 milioni di famiglie hanno bilanci in rosso. Ciò significa che nel corso degli ultimi 12 mesi il prezzo delle loro case è sceso al di sotto del valore al quale l’hanno comprata. Sono bloccati: non possono trasferirsi e non possono permettersi la casa attuale. Dato che la disoccupazione aumenta (ufficialmente è al 6%), molte di queste persone saranno costrette a venir meno al pagamento dei propri mutui. Quella che vediamo è una classica crisi capitalista che si riflette nell’arena della finanza. Come ci ricorda il netto incremento del numero di disoccupati, non rimarrà confinata ad essa ma si espanderà all’economia reale. Come abbiamo messo in luce a luglio, “È abbastanza chiaro dall’ampiezza della crisi che il veleno è entrato nel sangue in circolo nel sistema capitalista”. Solo un paio di anni fa ci veniva raccomandato di ammirare la genialità degli strateghi della finanza. “Oh, ammirevole mondo nuovo, nel quale vive cotanta gente” recitava Miranda ne La Tempesta di Shakespeare. Come commentavamo a luglio, “Il capitale finanziario ed i giovani arrivati velocemente al successo nella City ci sono stati presentati come “geni della finanza”, creatori di ricchezza. Adesso li vediamo come vagabondi sventurati in perenne ricerca di elemosina. È giunta l’ora di nazionalizzare le banche”. L’establishment è costretto a rilevare le banche per salvare il resto del sistema. Tutto quello che garantisce alla classe lavoratrice – in caso di sopravvivenza – sono ulteriori difficoltà. È ora di espropriare le banche come parte di un programma per la trasformazione socialista della società. Source: FalceMartello