Azerbaigian – La guerra, il petrolio e i compiti dei comunisti

L’Internazionale Comunista Rivoluzionaria ha ricevuto questa lettera da un gruppo di giovani comunisti dell’Azerbaigian, che siamo lieti di ripubblicare in traduzione qui di seguito e che risulterà indubbiamente di grande interesse per i nostri lettori, dal momento che contiene interessanti osservazioni sull’attuale situazione in quel paese.


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Le prospettive per l’Azerbaigian sono al momento caratterizzate dalla guerra e dall’imperialismo. La classe dominante sta utilizzando il nazionalismo militarista e la bruta repressione per salvaguardare i propri privilegi, mentre si ingrassa grazie ai profitti della potente industria del petrolio e del gas presente nel paese. Mentre la maggioranza degli azeri vive nella povertà e nella precarietà, la classe dominante azera appoggia all’estero il massacro portato avanti da Israele.

L’economia azera è quasi interamente dipendente (per il 91%) dalle esportazioni di beni energetici, che sfrutta per mantenersi in equilibrio tra la Russia e l’Occidente. Come gli Emirati Arabi prima di esso, il regime azero ha offerto i propri servigi come paese ospitante della prossima COP29, nel tentativo di dare una verniciata di verde ai settori inquinanti, mentre non mostra alcun interesse a modificare le proprie pratiche distruttive per l’ambiente.

Sebbene l’Azerbaigian venga considerato un alleato de facto di Mosca in molti ambiti (in particolare da un punto di vista militare), esso gode anche di investimenti significativi da parte dell’imperialismo occidentale, attraverso giganti dell’energia come British Petroleum. Ironicamente, gran parte dei prodotti petroliferi acquistati da parte dell’Europa dalla raffineria SOCAR STAR di proprietà azera, situata nella Turchia occidentale, proviene dalla Russia.

Inizialmente, la guerra in Ucraina assestò un duro colpo al settore cruciale dell’energia in Azerbaigian, costringendolo a dirottare il suo traffico di gas fuori dal Mar Nero. La situazione si è ora stabilizzata e la crescita economica dell’Azerbaigian ha visto un’accelerazione, raggiungendo il + 4,3% su base annua nella prima metà del 2024.

Nonostante i danni della guerra, il salario minimo in Azerbaigian è di 345 manat (203 dollari): un record assoluto per il paese, ma una cifra ancora misera, soprattutto se si prende in considerazione l’alta inflazione registrata a partire dal 2022. La giornata lavorativa è estremamente lunga e la tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro piuttosto scarsa. Inoltre, se metà della popolazione attiva guadagna 410 manat (241 dollari) o meno, la media del salario mensile è di 997 manat (586 dollari), a testimonianza dell’estrema disuguaglianza che esiste nel paese. E questo per non menzionare la corruzione endemica ad ogni livello dello Stato.

Il Nagorno-Karabakh

Il conflitto del Nagorno-Karabakh, che scoppiò tra Azerbaigian e Armenia nel 1988, provocò decine di migliaia di profughi in entrambi i paesi, la morte di migliaia di civili e l’occupazione e l’evacuazione da parte delle forze armene di sette distretti amministrativi abitati principalmente da turchi e curdi.

Il conflitto del Nagorno-Karabakh costrinse centinaia di migliaia di azeri ad abbandonare le proprie case, il che ebbe come effetto una migrazione di massa verso Baku, che alimentò un’urbanizzazione artificiale. Sebbene i dati ufficiali dichiarino che la popolazione dell’Azerbaigian superi i 10 milioni, alcuni economisti indipendenti stimano la popolazione effettiva attorno ai 6-7 milioni, circa la metà della quale concentrata a Baku e nella zona circostante.

Questo processo migratorio ha aggravato la crisi profonda delle regioni periferiche, che deriva dall’impatto economico della separazione dell’Azerbaigian dall’Unione Sovietica e dall’inerzia dei governi locali, che ha portato all’eliminazione di milioni di posti di lavoro fuori dalla capitale.

Sebbene il cessate il fuoco sia stato violato periodicamente per trent’anni, dal 2020 al 2023, l’Azerbaigian ha lanciato una serie di offensive militari riprendendo il controllo di tutti i sette distretti della regione e portando l’ex Oblast Autonomo del Nagorno-Karabakh, abitato principalmente da armeni, sotto il controllo azero. Tutto ciò ha raggiunto l’apice con l’ennesimo crimine, rappresentato dalla totale pulizia etnica della popolazione armena, alla quale l’imperialismo internazionale ha assistito nel più completo silenzio.

La guerra ha rafforzato in maniera consistente il regime di Ilham Aliyev. Le forze dell’opposizione anti-militarista di sinistra sono molto limitate in Azerbaigian e i gruppi tradizionali dell’opposizione hanno messo il Nagorno-Karabakh al centro della propria critica fin dalla prima guerra negli anni ‘90, che gli azeri perdettero. L’ultima, decisiva vittoria azera e la pulizia etnica degli armeni dal Nagorno-Karabakh ha tagliato il ramo sul quale era seduta l’opposizione e ha provocato un’ascesa di uno sciovinismo nazionalista che il regime è riuscito a monopolizzare, permettendogli così di distogliere temporaneamente l’attenzione di un settore delle masse dai problemi reali.

La repressione

Al contempo, a partire dal 2020, le misure contro il COVID-19 hanno aumentano la capacità del governo di reprimere il dissenso. Nonostante la cessazione delle restrizioni pandemiche a livello globale, le frontiere dell’Azerbaigian rimangono chiuse ai suoi cittadini, con il pretesto di proteggerli dal COVID-19, e ci si aspetta che restino chiuse almeno fino al 2025.

Nel 2022, il parlamento dell’Azerbaigian, che ha il ruolo di passacarte di Aliyev, ha modificato la Legge sui partiti politici, imponendo restrizioni senza precedenti alle organizzazioni politiche “che non soddisfano i requisiti internazionali”. Uno di questi requisiti era che un partito dovesse avere almeno 5mila iscritti per registrarsi ufficialmente e tutti i partiti con meno di 4.500 iscritti sarebbero stati dissolti. Inoltre, qualsiasi attività politica senza una registrazione ufficiale sarebbe stata messa fuori legge. Come risultato, 31 partiti attivi sui 59 del paese sono stati costretti a chiudere.

I funzionari dei partiti sono costantemente sottoposti ad arresti e persecuzioni. Il partito nazionalista Partito del Fronte Popolare dell’Azerbaigian (AXCP) e il partito islamico Movimento di Unità Musulmana sono oggetto di attacchi particolarmente frequenti. Un esempio recente è la persecuzione giudiziaria nei confronti del presidente dell’AXCP Ali Karimli. Il leader del Movimento di Unità Musulmana è in prigione dal 2015.

L’ultima ondata di arresti si estende al di là dei partiti politici ed include attivisti della società civile critici del regime. Figure di spicco come Anar Mammadli, attivo nel monitoraggio delle elezioni, e Imran Aliyev, a capo di una commissione parlamentare di monitoraggio delle elezioni, sono stati anch’essi imprigionati.

Una manifestazione significativa di questa intensificazione della repressione si è svolta tra novembre 2023 e gennaio 2024, quando cinque giornalisti e un impiegato di Abzas Media, una delle principali testate locali, che indaga sulla corruzione dei funzionari governativi e di altri personaggi vicini al regime, sono stati arrestati. Rischiano al momento fino a otto anni di prigione.

Il 20 giugno 2023, gli abitanti del villaggio di Söyüdlü nel distretto di Gədəbəy, nell’Azerbaigian occidentale, hanno protestato contro il rilascio di rifiuti tossici nei laghi artificiali nei pressi del loro villaggio da parte di una miniera d’oro vicina. Gli abitanti del villaggio si sono organizzati per sabotare i tentativi di creare un nuovo lago, bloccando le strade che portavano al villaggio. Avendo ricevuto solidarietà da tutto il paese, gli abitanti hanno rivendicato il prosciugamento dei laghi artificiali o l’implementazione di misure di sicurezza appropriate.

Il governo non poteva tollerare questa protesta, dal momento che doveva difendere le lucrative operazioni della multinazionale Anglo-Asian Mining, con base a Londra. Il villaggio è stato assediato, giornalisti e residenti sono stati picchiati e almeno cinque persone sono state arrestate.

Inoltre, il regime azero è uno degli alleati chiave di Israele, il suo principale fornitore di petrolio ed un importante fornitore di armi. I media azeri rappresentano senza sosta Israele come la parte lesa nel conflitto, mettendo a tacere tutte le voci di dissenso, mentre gli sgherri dello Stato aggrediscono chiunque protesti contro la guerra genocida di Israele contro i palestinesi.

Il fronte delle lotte sindacali si surriscalda

Nonostante la repressione e i tentativi di far stringere la popolazione attorno alla bandiera nazionale, a causa del continuo deterioramento del tenore di vita stiamo assistendo ai primi segni di un surriscaldamento della lotta di classe.

I bassi salari e l’aumento del costo della vita hanno spinto nella precarietà settori della forza-lavoro che erano in precedenza relativamente privilegiati e molti professionisti, ad esempio, sono costretti a fare un secondo lavoro nel settore informale, come tassisti o corrieri. Questa situazione, combinata al risentimento nei confronti dell’inerzia del governo e all’assenza di qualsiasi punto di riferimento politico, ha avuto come effetto uno spostamento verso il fronte delle lotte sindacali.

È degno di nota che da decenni in Azerbaigian praticamente non esistono sindacati liberi e combattivi. Durante l’epoca sovietica, i sindacati erano sotto il controllo statale e questo legame formale è stato mantenuto anche dopo la restaurazione del capitalismo.

Al di fuori di alcune organizzazioni per i diritti dei lavoratori che sopravvivono grazie all’aiuto di donazioni estere attraverso le ONG (che sono vettori degli interessi imperialistici occidentali), il problema dei diritti dei lavoratori non viene discusso da nessuna parte. I tentativi di intraprendere questa lotta si scontrano con una reazione brutale da parte del regime.

Nel 2022, i lavoratori delle aziende di spedizioni internazionali e dei servizi taxi hanno dato vita a numerosi scioperi. Sulla base di ciò venne fondata la Coalizione dei Sindacati della Piattaforma Operaia, guidata da Afiyaddin Mammadov. Gli scioperi condotti dalla coalizione nel 2022 e nel 2023 portarono all’arresto di Mammadov e di altri tre attivisti sindacali, Möhyaddin Orucov, Ayxan Israfilov e Elvin Mustafayev, che sono ancora tutti in carcere, in attesa del processo.

Questo è solo un assaggio delle lotte future e il regime non sarà in grado di contenerle soltanto con la repressione.

Una chiamata all’azione

In Azerbaigian, la lotta contro il regime di Ilham Aliyev è anche, in maniera molto chiara, una lotta contro l’imperialismo mondiale.

Nonostante i crimini del governo e i suoi legami geografici con la Russia, la “comunità democratica internazionale”, sembra curiosamente disinteressarsene. Questo avviene a causa dei numerosi investimenti occidentali nel paese, della crescente domanda di petrolio e gas azero e del fatto che il nostro governo, in ultima istanza, serve gli interessi di Israele, il principale alleato dell’Occidente in Medio Oriente. L’ipocrisia degli imperialisti non ha limiti.

Nei prossimi anni vedremo sviluppi esplosivi. La cortina di fumo dello sciovinismo che si solleva dal Nagorno-Karabakh non può mantenere le masse nella passività all’infinito. L’incombente tracollo economico creerà una forte spinta verso la lotta di classe, che comincia già a venire allo scoperto.

I partiti tradizionali dell’opposizione reazionaria sono tutti in crisi, il che significa che c’è un’assenza totale di alternative politiche. Il nostro movimento ha le proprie radici nella ricca storia dell’ideologia socialista, che trae ispirazione dalla direzione teorica e rivoluzionaria di figure iconiche come Vladimir Lenin e Lev Trotskij.

Con la tempesta all’orizzonte, e mettendo insieme i compagni più impegnati che condividono la nostra visione e la fede incrollabile nella nostra causa, siamo fiduciosi di poter costruire una potente organizzazione comunista rivoluzionaria in questo paese.

Mentre attraversiamo questa fase cruciale, riconosciamo l’importanza di stabilire solidi legami internazionali ed è per questo che ci siamo messi in contatto con l’Internazionale Comunista Rivoluzionaria.

Ci impegniamo a collaborare con le organizzazioni socialiste e rivoluzionarie in tutto il mondo, nello spirito della teoria della rivoluzione permanente di Trotskij e a costruire un fronte unico per il progresso della classe operaia.

Il regime della borghesia compradora in Azerbaigian, burattino dell’imperialismo, non durerà a lungo. Insieme, come lavoratori, porremo fine al capitalismo e all’imperialismo.

Lunga vita alla lotta per il socialismo! Lunga vita all’Azerbaigian socialista! Lunga vita al mondo socialista! Abbasso la borghesia compradora! Abbasso l’imperialismo!

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