Austria – Le trattative per una coalizione antioperaia e nazionalista preannunciano una svolta nel panorama politico

Da quando il Partito della Libertà d’Austria (FPÖ) – un partito di destra – ha ottenuto la maggioranza di voti alle elezioni dello scorso settembre, alcuni partiti dell’establishment hanno cercato disperatamente di formare una coalizione di governo per impedirne l’ascesa al potere. Ma nonostante gli sforzi, i negoziati tra il Partito Popolare Austriaco (ÖVP), il Partito Socialdemocratico d’Austria (SPÖ) e la Nuova Austria e Forum Liberale (NEOS) sono falliti.

[Source]

Il NEOS ha fatto crollare il castello di carte della coalizione a tre ritirandosi dai negoziati per il governo lo scorso 3 gennaio. L’instabilità politica si è trasformata in caos, dal quale potrebbe emergere un governo guidato da Herbert Kickl, leader dell’FPÖ.

È necessario chiedersi: perché? La risposta è essenziale per comprendere appieno le sfide che il movimento operaio deve affrontare.

Il collasso dei negoziati

Il 3 gennaio, Beate Meinl-Reisinger, leader di NEOS, ha spiegato così la decisione del suo partito di ritirarsi dai negoziati di coalizione:

“Questi sono tempi difficili in cui dobbiamo porci chiaramente la domanda ‘Cosa possiamo fare?’. Per il terzo anno consecutivo l’Austria è in preda a una profonda crisi economica. Le aziende sono costrette a licenziare i dipendenti. L’inflazione imperante è stata preparata dalla politica dei bassi tassi d’interesse, innescata dall’attacco di Putin all’Ucraina e dalla carenza di energia.

“La situazione è più che instabile: Ucraina, Siria, Russia, la presidenza Trump. La situazione è tutt’altro che ordinaria e non ci si può comportare come al solito. (…) Ma l’ÖVP e l’SPÖ non sono pronti ad affrontare ‘progetti coraggiosi’, si limitano a scambiarsi favori”.

Come vedremo, i “progetti coraggiosi” dei liberali includono l’aumento automatico e permanente dell’età pensionabile a 67 anni, il congelamento dei salari nel settore pubblico, l’impossibilità di adeguare le pensioni all’inflazione e altri brutali attacchi sociali alla classe lavoratrice. Almeno loro lo dicono apertamente: sì, il capitalismo è in crisi, quindi che siano i lavoratori a pagarlo!

I NEOS, una setta politica di ricchi, esprimono apertamente i veri interessi dei capitalisti in generale: aumentare i profitti in calo a spese dei lavoratori.

L’idea che siano i capitalisti stessi a pagare la crisi (anche se solo in parte simbolica, secondo l’approccio dei socialdemocratici) non è quindi altro che una politica antiquata, ostruzionistica e ideologica per i liberali e i conservatori di oggi.

Inversione ad U

La paralisi provocata dalla decisione dei liberali è stata nuovamente alleviata dal presidente federale Alexander Van der Bellen.

Per anni, Van der Bellen è stato l’architetto e l’ingegnere esecutivo della fallimentare coalizione a tre. Ha assicurato all’ÖVP e all’SPÖ che sarebbero stati in grado di continuare a governare insieme, escludendo l’FPÖ di destra che aveva ottenuto il massimo dei voti popolari, e ne ha informato la popolazione la sera del 3 gennaio. Lo stesso giorno, l’ÖVP ha appoggiato fermamente il suo presidente, il Cancelliere Nehammer.

Tuttavia, la sera successiva, Nehammer ha abbandonato i negoziati con l’SPÖ e ha annunciato le sue dimissioni da tutte le cariche. Si è rifiutato di rispondere a qualsiasi domanda e si è scagliato contro l’SPÖ, così da poter avviare un’inversione ad UN della linea del partito a favore di un cancellierato di Kickl.

Il 5 gennaio, il segretario generale dell’ÖVP Stocker ha assunto la presidenza dell’ÖVP dopo una breve riunione e con poco preavviso. Il cancellierato è stato poi affidato (di nuovo) al Ministro degli Esteri Schallenberg.

Una minoranza nell’ÖVP continua a sostenere la prosecuzione dei negoziati con NEOS, con il sostegno esterno dell’SPÖ e dei Verdi. Tuttavia, i leader dell’ÖVP, voltagabbana di prim’ordine, si sono pronunciati rapidamente e inequivocabilmente a favore di un’alleanza borghese intransigente sotto la guida dell’FPÖ di Kickl. Hanno risposto in modo “flessibile” alla situazione, naturalmente per senso di responsabilità nei confronti della Repubblica!

Kickl ha accettato il mandato di formare un governo e ha invitato il leader dell’ÖVP Stocker a entrare in una coalizione il 7 gennaio. Kickl ha posto due condizioni: che l’ÖVP riconosca il nuovo equilibrio di potere – cioè la sua leadership politica – e che l’ÖVP si assuma la responsabilità del fatto che negli ultimi cinque anni (cioè sotto la guida dell’ÖVP stesso) il paese è stato “distrutto” dal punto di vista fiscale, politico e morale e che ora è necessario un approccio più duro che preveda una maggiore austerità.

Se l’ÖVP farà penitenza pubblicamente in questo modo, Kickl offrirà colloqui riservati alla leadership dell’ÖVP. Tuttavia, Kickl ha dichiarato che indirà nuove elezioni se l’ÖVP abuserà della sua fiducia.

A questa palese richiesta di sottomissione politica, il nuovo presidente dell’ÖVP Stocker ha risposto con altrettanta franchezza, affermando che l’ÖVP entrerà in un governo che sostenga chiaramente lo “stato di diritto occidentale”, la democrazia liberale, un’UE forte, l’opposizione alla Russia e la libertà dei media.

Stocker non fa altro che ripetere ciò che Bruxelles e i politici tedeschi si aspettano dall’Austria. E nonostante tutto, il nuovo leader dell’ÖVP ha chiaramente accettato l’offerta di dialogo dell’FPÖ.

Questo riflette una spaccatura all’interno dell’ÖVP stesso. L’ala con legami più diretti con la borghsia del partito è più feroce nel sostenere pubblicamente un’alleanza con l’FPÖ, ma tre ministri in carica (tra cui il Ministro degli Esteri Schallenberg) hanno dichiarato pubblicamente che non entrerebbero in una coalizione simile.

Mobilitarsi!

Alcuni opinionisti vorrebbero che il presidente federale Van der Bellen adottasse una linea più dura contro una potenziale cancelleria Kickl. Ma questa è un’illusione senza speranza.

Se l’establishment politico avesse continuato con le sue manipolazioni per impedire a Kickl di diventare cancelliere, avrebbe scatenato una crisi nazionale e aumentato in modo massiccio il sostegno popolare dell’FPÖ. Ci siamo sempre opposti a queste manovre e continuiamo a farlo: vanno solo a vantaggio dei capitalisti. L’FPÖ è già al 35% nei sondaggi, ben al di sopra del suo ultimo risultato elettorale.

Noi diciamo invece, e non per la prima volta, che la borghesia (sia essa di destra o liberale) può essere sconfitta solo mobilitando la classe operaia nelle piazze e nelle fabbriche.

Senza la propagazione e l’organizzazione della lotta di classe, non si può spostare l’equilibrio di potere nella società a favore della classe operaia. Questa lezione deve essere presa a cuore e posta al centro di ogni considerazione politica. Il blocco della borghesia – sia al potere che in campagna elettorale – deve confrontarsi con il pugno della classe operaia organizzata e mobilitata!

No alla strategia del “male minore”

Nella serata del 9 gennaio, in quattro grandi città austriache, decine di migliaia di persone sono scese in piazza per esprimere la loro volontà di lottare contro la nuova svolta degli eventi. Ma il movimento contro l’FPÖ ha un tallone d’Achille: l’idea che per impedire all’FPÖ di formare un nuovo governo reazionario si debba continuare a promuovere il “male minore”.

Nelle città più piccole, dove c’era la possibilità di intervenire apertamente, i compagni hanno notato un forte interesse per tutti i contributi politici. Tra questi, la proposta del Partito Comunista Rivoluzionario (RPK) di avviare una grande campagna tra la classe operaia e i giovani per bloccare la formazione del governo.

Tuttavia, alla manifestazione principale di Vienna, la strategia politica degli organizzatori della “società civile” è stata quella di non sollevare alcuna idea politica. Al contrario, hanno lanciato un appello ai monopoli dei media affinché facciano pressione sul Presidente della Repubblica per fermare questo sviluppo politico. Anche ad una manifestazione veniamo messi in secondo piano per servire altri interessi di classe!

Questo è il prolungamento della strategia del male minore promossa in Austria e in Germania da più di un anno (mentre si usava lo slogan “mai più è ora”, ora si usa “salvare la democrazia” per giustificare il sostegno al “male minore”).

L’idea di impedire all’FPÖ di formare un nuovo governo reazionario con una coalizione di “mali minori” – che ha il pieno sostegno ideologico e materiale dei riformisti SPÖ e KPÖ (il Partito comunista, ndt) – ha completamente disarmato la classe operaia: politicamente, ideologicamente e nelle fabbriche. È andata di pari passo con la totale smobilitazione della lotta sindacale a partire dall’autunno scorso, come offerta di pace che i partiti riformisti offrono in cambio di un invito al governo.

Nonostante il completo fallimento di questa politica, i leader riformisti continuano a promuoverla e le proteste vengono organizzate con questo spirito. Ciò minaccia di far fallire il movimento. Tuttavia, le spaccature nella classe dominante offrono l’opportunità non solo di fermare l’FPÖ, ma di rafforzare significativamente la classe operaia contro l’intera borghesia – se abbiamo il coraggio di affrontare la lotta in modo coraggioso.

Nazionalismo batte liberalismo in tutto il mondo

La mossa dei conservatori preannuncia una svolta in Austria, che è diventata il leitmotiv delle classi dominanti di tutto il mondo dopo la vittoria elettorale di Trump negli Stati Uniti.

La vittoria dell’“America First” – che significa dazi commerciali, fine della politica climatica, rafforzamento militare ai confini americani (Trump ha annunciato che vuole che Canada, Groenlandia e Panama si uniscano agli USA) e scaricamento sugli europei dei costi della guerra in Ucraina – sta costringendo i capitalisti di tutte le nazioni a ripiegare sul nazionalismo e sul protezionismo per difendere i propri interessi.

L’UE viene schiacciata. È sempre più incapace di formulare una risposta comune “europea” a queste minacce, poiché gli interessi dei singoli stati nazionali in Europa sono diventati troppo divergenti.

Il fallimento dei colloqui a tre in Austria fa parte di una serie di improvvise crisi di governo dopo l’elezione di Trump il 5 novembre: la fine della coalizione “a semaforo” in Germania (6 novembre), la caduta del governo Barnier in Francia (4 dicembre), l’annullamento delle elezioni presidenziali in Romania dopo la vittoria di un populista di destra (6 dicembre) e le dimissioni del primo ministro canadese Trudeau dopo diversi mesi di crisi di governo (6 gennaio).

In tutto il mondo si assiste a uno spostamento di una parte della classe dominante verso il protezionismo. Nei sondaggi, la crisi del capitalismo e il crollo del liberalismo vengono capitalizzati da populisti di destra che si presentano come “anti-establishment” a causa della mancanza di una seria alternativa a sinistra. La politica climatica globale, il multilateralismo e la “difesa della democrazia liberale”, come proclamato da Joe Biden (e dalla Commissione UE), sono stati messi in crisi dalla realtà capitalistica. Sotto al capitalismo, le contraddizioni di un mercato mondiale afflitto dalla sovrapproduzione costringono a un ripiegamento verso il nazionalismo economico.

“Prima l’Austria”

Anche in Austria è giunto il momento che il capitale metta al centro della politica gli interessi dei profitti nazionali, delle banche e delle condizioni di produzione.

Mentre i festaioli di Capodanno andavano a letto, le ultime molecole di gas russo sono state pompate attraverso il confine austriaco, ponendo fine a una connessione durata sei decenni. Ora, la più importante linea di approvvigionamento energetico dell’Austria (che copre il 22% del fabbisogno energetico totale del Paese) non esiste più.

La Raiffeisenbank International, la principale istituzione finanziaria del Paese, si trova in una situazione disperata a causa della guerra contro la Russia. La banca realizza il 50% dei suoi profitti in Russia, il che l’ha resa bersaglio di dure minacce da parte degli Stati Uniti. Contemporaneamente, la Russia la minaccia di espropriarla se cederà alle pressioni occidentali per imporre sanzioni.

Nel frattempo, l’European Green Deal non ha scaldato i cuori degli industriali austriaci. L’industria austriaca è interamente orientata verso i combustibili fossili, come ha già chiarito Sebastian Kurz. L’ex Cancelliere Nehammer, ad esempio, si è opposto al tentativo dell’UE di vietare i motori a combustione. Anche i requisiti del Supply Chain Act dell’UE e i crescenti oneri finanziari imposti dalle tasse sul carbonio hanno trovato l’ostilità degli industriali.

Come abbiamo affermato prima delle elezioni parlamentari: “La schizofrenia dell’Austria tra l’integrazione politica in Occidente e i forti interessi di profitto del capitale finanziario rosso-bianco-rosso in Oriente rende l’Austria un ‘candidato al ribaltone’ geopolitico. Un governo FPÖ-ÖVP significherebbe una svolta politica in questa direzione”. (Der Funke 226, 30 agosto 2020)

Con il fallimento dei colloqui di coalizione a tre, i nodi di questa contraddizione sono arrivati al pettine. L’intero establishment politico liberale – da Van der Bellen, alle redazioni di tutti i giornali, alle ONG e ai partiti politici – si è opposto con veemenza a qualsiasi dibattito aperto sulla situazione mondiale.

Anche il Partito Comunista d’Austria (KPÖ) è nel campo dell’imperialismo occidentale e sostiene politicamente in modo aggressivo le sanzioni contro la Russia. Anche la sezione dominante dell’ÖVP, guidata dall’ex cancelliere Nehammer, si è posizionata in questo modo. L’FPÖ, invece, considera l’UE come un mero “Spazio economico europeo”. Non la considera, come fanno i liberali, i socialdemocratici, la leadership del KPÖ e una parte dell’ÖVP, come un potere centrale per il quale bisogna abbandonare completamente gli interessi più immediati del capitale austriaco.

La deindustrializzazione e l’erosione del capitale, tutte nell’interesse di Washington e dei suoi procuratori a Bruxelles, non possono essere il programma del grande capitale austriaco. Un cancellierato di Kickl cercherebbe di formare un blocco di interessi capitalistici regionali a Bruxelles, insieme a Orban in Ungheria e Fico in Slovacchia. Naturalmente, anche questo è del tutto nell’interesse dei capitalisti austriaci! Il fatto è che l’FPÖ sta articolando gli interessi materiali dei capitalisti meglio di gente come NEOS e l’ÖVP frammentato, facilitando così la svolta rapida e silenziosa dell’ÖVP verso il partito di Kickl.

Non si tornerà ai “bei tempi andati”, quando i capitalisti di questo paese facevano buoni affari con tutti. Gli Stati Uniti insisteranno sulle sanzioni contro la Russia, soprattutto nel settore dei combustibili fossili – Kickl non può impedirlo. Ma per non compromettere ulteriormente la capacità dei capitalisti di fare profitti in Austria, una politica nazionalista più accentuata sarà all’ordine del giorno nei consigli di amministrazione. Nonostante tutte le contraddizioni, questo fa pensare che l’ÖVP cercherà di far diventare Kickl cancelliere.

La classe operaia dovrà dissanguarsi

In definitiva, la leva più forte per stabilizzare i profitti calanti dei capitalisti è aumentare lo sfruttamento dei lavoratori. Tutti i partiti borghesi sono d’accordo su questo punto e né i socialdemocratici né il KPÖ hanno un’alternativa politica rilevante.

Ciò che i colloqui di coalizione ci hanno mostrato finora lo sottolinea. Il punto centrale era il finanziamento dello stato, cioè la ristrutturazione del bilancio. I negoziatori hanno concordato un requisito di ristrutturazione di 17,6 miliardi di euro entro il 2029.

Siamo per alleviare e non per appesantire il carico fiscale. Alla fine, questo è stato il punto in cui non ha funzionato”, ha detto Stocker, spiegando la fine dei negoziati. Si tratta di una palese menzogna; la verità è che l’ÖVP e il NEOS stavano pianificando un massiccio pacchetto di austerità per le masse, con tagli, massicci aumenti delle tasse e un aumento dell’età pensionabile.

I negoziatori socialdemocratici sono rimasti al tavolo fino alla fine, solo per abbellire questo brutale pacchetto di austerità con un “giusto contributo dei ricchi”. I “diritti dell’infanzia”, la “lotta all’inflazione” e i “diritti dei lavoratori” non sono mai stati all’ordine del giorno: si trattava di pura retorica elettorale. Ciò che non era affatto in discussione erano gli attacchi razzisti contro gli immigrati, su cui tutti i partiti erano d’accordo. Su questo punto, l’SPÖ aveva capitolato già prima delle elezioni.

L’SPÖ si è limitato a insistere sul fatto che il 20% dell’onere finanziario dovrebbe essere a carico dei più ricchi e, a quanto pare, era disposto a negoziare su questo punto. Si tratta di una politica puramente simbolica, ma anche questo era troppo per i borghesi rappresentati da NEOS e ÖVP. Vogliono che siano i lavoratori, gli anziani e i malati a sostenere l’intero costo della crisi del loro sistema. E i leader della socialdemocrazia lanciano rose rosse a Nehammer anche dopo la sua partenza. Che vergogna!

Lotta di classe!

Questa capitolazione dimostra la crisi del movimento operaio. Ciò che l’SPÖ ha offerto negli ultimi anni, mesi e giorni non ha garantito la qualità della vita della classe operaia, ma ha disarmato quet’ultima. La crisi del capitalismo richiede un programma molto più radicale e la volontà di rispondere con metodi di lotta di classe agli attacchi della classe dominante e dei suoi partiti.

Viste le divisioni e le spaccature all’interno dei partiti borghesi, sarebbe possibile già ora impedire la formazione del blocco borghese. Ma solo se l’SPÖ e i sindacati lanciassero una campagna di massa nei luoghi di lavoro e tra i giovani, in grado di portare il movimento nelle strade.

Soprattutto, la classe operaia dovrà capire che dietro l’aggressione dei partiti borghesi c’è il sistema capitalistico stesso, che esige tagli. Questa situazione di acuta crisi economica e sociale non permette la strategia di aspettare semplicemente di eleggere un nuovo parlamento tra cinque anni. Ma è proprio questo l’obiettivo della leadership dell’SPÖ e del KPÖ.

Coloro che comprendono la necessità di lottare contro questa situazione disastrosa devono preparare e organizzare la lotta di classe ora. La classe operaia ha bisogno di leader e partiti che dicano la verità, che non nascondano il crescente deterioramento degli standard di vita come “il migliore di tutti i compromessi”, o che preparino pizze e distribuiscano elemosine (come il KPÖ è orgoglioso di fare) invece di portare avanti la lotta di classe contro i padroni.

Le chiusure delle aziende e i licenziamenti di massa possono essere evitati se i lavoratori si ribellano e costringono le loro organizzazioni a intraprendere questa strada. L’austerità e gli attacchi ai diritti democratici possono essere combattuti attraverso la lotta di classe!

L’RPK rappresenta gli elementi politicamente più avanzati del movimento operaio. Invitiamo tutti i militanti della classe che sono pronti alla lotta a discutere con noi. I prossimi anni riorganizzeranno completamente le condizioni politiche del movimento operaio. Noi vogliamo conquistare la maggioranza della nostra classe a un programma rivoluzionario e comunista, e quindi portarla a superare la barbarie capitalista una volta per tutte! Unitevi a noi in questa lotta.

Join us

If you want more information about joining the RCI, fill in this form. We will get back to you as soon as possible.